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“Sant’Agata d’estate”, e’ chiamata e conosciuta così la festa che ogni anno, il 17 agosto anima la città di Catania, in particolare Piazza Duomo e I suoi dintorni.
Per chi conosce I tradizionali festeggiamenti (dal 3 al 5 febbraio) in onore della Santa a memoria del martirio subito, con la tradizionale offerta della cera, le processioni, il susseguirsi per tre giorni di eventi liturgici e non, che trasformano la città di Catania in un palcoscenico straordinario, Sant’ Agata d’estate può apparire un evento modesto e poco significativo, sia per intensità che per partecipazione.
La storia invece ci consegna, attraverso la genesi di questi festeggiamenti estivi, una visione e soprattutto un sentire diverso.
Era la notte del 17 agosto 1126 quando la città di Catania fu svegliata nel sonno dallo scampanio del Duomo ad annunciare che dopo 86 anni le spoglie della Santuzza, trafugate e portate a Costantinopoli, facevano finalmente ritorno in città e venivano riconsegnate all’amore dei suoi concittadini. Quegli stessi concittadini che per secoli, da quel lontano 252, anno del martirio, con estremo orgoglio avevano tramandato di generazione in generazione un fortissimo senso di devozione, stima, rispetto, amore, per quella giovinetta catanese, la sua fede incorruttibile, il suo coraggio, la sua forza.
Si narra, che quella notte d’estate, I Catanesi, al suono delle campane, chi scalzo, chi forse con la camicia bianca per dormire, pieni di gioia per il felice evento, si riversassero per le vie del centro, dando vita ai primi festeggiamenti spontanei in onore della Santuzza.
Festeggiamenti che, in origine, avevano un’anima esclusivamente liturgica, fatta di preghiera e gesti di devozione verso la Santa e le Sue reliquie.
Solo secoli più avanti evolveranno verso la forma a noi oggi nota, soprattutto per quel che riguarda la festa di febbraio, che di fatto è una delle feste religiose più conosciute al mondo.
Eppure è proprio nella memoria mai persa e rinnovata ogni anno il 17 agosto, di quel tanto atteso ritorno della Santuzza nella sua città, durante una festa in sordina se vogliamo, che conserva un certo senso di improvvisazione, di modestia, di umiltà, così come la sua genesi racconta, che affondano le radici dell’amore dei catanesi per la Santuzza.
La Santa è più vicina, I devoti si lasciano guardare, e l’impressione che si ha è che chi è là, a festeggiare la Santuzza, lo fa mosso da un legame ancestrale di devozione e amore che si perde nel tempo.E quando Piazza Duomo a poco a poco si svuota, la Santa è già rientrata in Cattedrale dopo un breve giro per le vie limitrofe, per quanto I festeggiamenti durino poco più di un paio d’ore, a conclusione si ha l’impressione di aver assistito al rinnovarsi di una magia, l’abbraccio tra l’amata Santuzza e I catanesi che non hanno mai smesso di aspettarne il ritorno, come fu in quel lontano 17 agosto 1126.