Cristoforo Berritta e Giovanna Pappalardo ieri sera ci hanno regalato una serata magnifica proponendoci, in prospettiva, una possibile attività fotografica e, nel contempo, una metodologia capace di coniugare un tempo ludico ed un tempo, come dire, culturale. Parliamo del loro peregrinare (andare per agere), del loro camminare, che i nostri protagonisti intendono in termini etici laddove il procedere si fa contemplazione, scoperta, stupore, riflessione, testimonianza.
E pensare che la prima sequenza che ci hanno proposto riguardava la ricognizione fotografica del castello di Gresti (in agro di Aidone). Un interessante maniero, alquanto originale nella sua struttura edilizia, che la dice lunga sul fenomeno dell’incastellamento dei territori siciliani. L’approccio dei nostri amici è stato rispettoso, attento, condotto con una narrazione a metà strada tra la scoperta del castello dell’Innominato e quello della Baronessa di Carini: in Sicilia ci è consentita ogni fantasticheria e c’è sempre un castello al centro della nostra immaginazione quale possibile, ineliminabile topos letterario.
Ma, poi, la strada difficile e non sempre riconoscibile, quasi un labirinto tra boschi reali e costruzioni della nostra fantasia, ha portato i nostri naviganti dentro una suggestiva, quanto inquietante, fatiscente e, diciamolo pure, pericolosa, struttura; una struttura enorme riconoscibile come una cattedrale nel deserto (ma stavolta era un bosco che avanzava come quello di Macbeth) che si è rivelata passo dopo passo, buio oltre il buio, l’enorme avanzo di un nosocomio che è eufemismo chiamare “sanatorio”. Strutture di cinque piani e più, enormi e lunghissimi corridoi, saloni, stanze, rimesse, servizi, scale, terrazze che non rivelavano alcuna ’intellegibilità di un progetto e non spiegavano il perché dell’attuale stato di abbandono e di irreversibile degrado.
Passarono in quelle stanze progetti, aspirazioni? Non ci è dato saperlo. Le scelte politiche- sanitarie degli anni settanta non erano ancora realizzate ponendo la dignità della persona umana al centro della solidarietà dell’assistenza, dell’accoglienza, Eppure furono spesi quattrini, si cambiò la fisionomia dell’ambiente circostante ed ora quel che rimane parla di disattenzione, indifferenza, cinismo, non partecipazione, L’occhio perspicace di Cristoforo e Giovanna, fruga nel buio, reale e allegorico, di questi ambienti cercando un’immagine che dia senso a questo manufatto incredibile, ma trova pace solo tra le nuvole del cielo e gli alberi del bosco che lentamente aggrediscono quest’ineffabile memoria recuperandola almeno all’energia vitale che tutti ci accomuna in attesa che risorga un senso di responsabilità per l’altro e per l’altrove,
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