“E i nostri volti, amore mio, leggeri come foto” (J. Berger)
Sia maledetta/benedetta questa abitudine di commemorare la scomparsa di chi mi è stato caro, di chi mi ha insegnato a capire cosa guardano i nostri occhi, di chi mi ha aiutato a comprendere il mondo, di chi mi è stato vicino quando ho provato a penetrare nel mistero dell’immagine.
Giorno due gennaio, a Parigi, è morto alla rispettabile età di novanta anni, John Berger, scrittore, giornalista, critico d’arte, innamorato della passione e della ragione.
In quell’archivio che di fatto è il nostro sito - questo stesso in cui sto scrivendo - tante volte abbiamo parlato di lui, dei suoi libri, della sua importanza per capire la natura del nostro fotografare.
Vi rimando, allora, a quelle note ed ai suoi libri (cercateli!!!), fondamentali perché scritti da chi amava formulare l’immagine, disegnare intorno al mondo, tracciare i confini dell’anima.
Qui voglio ricordarlo con questo libro, non certamente il suo più importante, ma a me assai caro; che provo a rileggere come il testamento di un fotografo forte, come una lettera d’amore, indisciplinata nelle parole e nella forma, fatta di prosa e di poesia, di intervalli e di precipitazioni, come tutti gli incontri d’amore.
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