ACAF - Associazione Catanese Amatori Fotografia

 
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23 maggio 1992 /19-Luglio 1992 PDF Stampa E-mail

falconeborsellino1.jpgGesualdo Bufalino, ne “II Guerrin Meschino”, alle date 23 maggio e 19 luglio 1992
chiudeva per lutto la sua “opra dei pupi”.
Calando la tela sul sipario del teatrino lasciava Guerrino solo, a sbrogliarsela con le
tenebre, sul ciglio dell’abisso apertosi su una “Sicilia santa, Sicilia carogna, Sicilia Giuda,
Sicilia Cristo… Battuta, sputata, inchiodata palme e piedi a un muro dell’Ucciardone, fra
siepi di sudari in fila …sull’asfalto, di zolfo e cordite”.
E continuava: “No, non verrà Guerrino a salvarla / con la sua spada di latta / a cavallo di
Macchiabruna … / Nessun angelo trombettiere / nel mezzogiorno del Giudizio / suonerà
per la vostra pasqua / poveri paladini in borghese, / poveri cadaveri eroi, / di cui non oso
pronunciare il nome… / Non vi vedremo mai più sorridere / col telefono in una mano / ed
una sigaretta nell’altra / spettinati, baffuti, ciarlieri…/ Nessuna mano solleverà / la pietra
dei vostri sepolcri… / Nessuna schioderà / le bare delle maniglie di bronzo …. / Forse solo
la tua bambino”.

Siamo noi quel bambino? Possiamo offrire ancora una mano? Possiamo immaginare oltre
la speranza?
Gli anni passano e la memoria, per quanto viva e travagliata, si appunta sul ricordo che
inevitabilmente cammina dentro ed attraverso le immagini.
E quindi libri e quindi mostre fotografiche. E poi, la testimonianza di magistrati, di poliziotti;
ma poi i dubbi, le perplessità su ciò che si è fatto e su quanto non si è fatto, e sempre la
cultura del sospetto; e sempre ad invocare la cultura del rispetto della legalità se non altro
per onorare il sacrificio di uomini comuni che scacciavano l’idea di diventare eroi.
Le immagini parlano ancora di loro, dei servitori dello Stato e dei cittadini, ma già sono
visioni lontane, sono icone di cui occorre preservare il significato.
Proviamo, allora, a rendere giustizia a chi giustizia ha cercato ancor quando questa
appariva lontana; ancor quando i compagni di cammino cadevano fatalmente colpiti da
chi giustizia non voleva e tragicamente trascinava la nostra terra nella barbarie e nella
disumanità.
In imago riprendpaolo-borsellino_290x435.jpgiamoci il giudice Borsellino, magistrati, che lavora accanto ai suoi
collaboratori, accanto a Falcone, accanto agli uomini ed alle donne della sua scorta,
sempre vicino, sempre presente, anche nei momenti della loro scomparsa, terribile e
paventata. Riprendiamoci la sua toga e l’ingegno messi al servizio di quei cittadini che gli
hanno affidato il compito di liberarli da un tragico destino e poi, magari, se ne sono andati
per i fatti loro. Quel “magari”, da qualche tempo, ci danna l’anima.
Ricordiamoci che sono immagini famose, alcune fin tropo saccheggiate dai media, ma
per entrare in confidenza con l’uomo Borsellino, paradossalmente, in queste fotografie
non dobbiamo guardare i simboli delle istituzioni o le pistole delle scorte e le bare dei
morti. Cerchiamo, piuttosto, di capire l’eleganza, lo stile dell’uomo, attraverso una giacca,
una cravatta, il gesto di una mano, la piega di un sorriso. Cogliamone l’ansia nel fumo
dell’eterna sigaretta, nel fuoco di una fiaccola. Poi, magari, sarà la commozione. E, per
tutti noi, il silenzio o la voce della coscienza.
Mi sovviene di un libro fotografico (edizioni Gruppo Abele, “Ad occhi aperti”) laddove Rita
Borsellino ripeteva che la via della legalità ha l’unico difetto d’essere scomoda, cosicché
introduceva nove consigli “scomodi” contro la mafia del quotidiano.
“Fare fino in fondo il proprio dovere rivendicando i propri diritti, non mendicandoli come
favori. Educarsi fin da bambini alla democrazia, contro ogni violenza, insegnandoci la
solidarietà e la tolleranza. Impegnarsi civilmente al rispetto delle regole della convivenza,
cercandone la conformità al diritto e denunciandone le cattive applicazioni. Stimolare
l’amministrazione pubblica ad essere un servizio per tutti i cittadini e non la parvenza
d’istituzioni lontane o apparenti. Ricordarsi che essa stessa è l’espressione della nostra
collaborazione, della nostra testimonianza fatta di servizio, pagamento delle tasse,
contributo civile ed appassionato. Sempre pronti a boicottare chi dello stato e del pubblico
servizio se ne frega, smarrendosi nella terra dell’illegalità e dei sogni artificiali. Vigili al
momento del voto politico, da ricercare sempre con convinzione e libertà, quegli stessi
sentimenti che ci rivelano la serietà del nostro intervento civico”.
Consigli scomodi, dicevamo, ma che, tutti insieme, tracciano il volto e la memoria di
Borsellino, Falcone, Chinnici, Livatino e Agostino, Claudio, Emanuela, Vincenzo, Walter …
Dio mio quanti!
Di tutti sono rimaste le fotografie. Ritraggono Paolo, Giovanni, don Pino o uno di noi?
Ritraggono il cittadino che s’impegna? E che, impegnatosi, riconoscendo l’impegno
dell’altro, sorride perché il futuro è già migliore?
Invero, abbiamo ancora bisogno d’immagini per ricordare, per riconoscerci. Ritorneremo
con le loro immagini a dare forza alla comune speranza? Come sempre, ne parleremo
insieme: sarà il nostro impegno.
L’A.C.A.F.
 
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