ACAF - Associazione Catanese Amatori Fotografia

 
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“Di fronte ed attraverso” PDF Stampa E-mail
di Pippo Pappalardo

articles.jpgNon si sono ancora spenti gli echi provocati e provocanti dell’ultimo contest sul“Paesaggio Urbano” ospitato sul sito dell’ACAF, e tanta onesta provocazione si è ri proposta anche nella mostra allestita con il concorso degli altri circoli FIAF. Vi confesso che ho ancora riflettuto sulla difficoltà, complessità ed ambiguità (da intendersi con valenze positive) del tema affrontato e, scartabellando sui i miei appunti, ne ho trovato uno che spiega se non il mio punto di vista quanto meno il mio punto di partenza: se la città è creatura dell’uomo per eccellenza, ebbene la sua rappresentazione mi deve mostrare le emozioni che vi abitano (oppure la loro disgraziata assenza).

Dove abitano le emozioni

All’improvviso, mentre vagavo tra i banconi della libreria, nascosto tra le novità, un libro con un titolo emozionante, quello che ho messo all’inizio di questa nota: già, “dove abitano le emozioni?” Là dove esse si manifestano, ho sempre pensato, là dove ci sono l’uomo e la donna con la loro oglia di confidare e sperare,con la loro attesa, con la loro rabbia, con la loro delusione. Ma anche con i loro dubbi, con i loro timori, con le loro paure.
Ed ancora, con i loro bisogni, con le loro conquiste, e con i loro occhi che guardano, che incontrano, che chiedono, e s’innamorano e sorridono, anche avanti all’insistenza della stupidità. E per questa emozione, per queste emozioni, amo i fotografi che pazientemente riprendono
le fila del discorso e, dentro le case e fuori le case, raccolgono l’immagine del vero volto di una città.
Ma andiamo al libro che mi ha colpito e che vuole parlarci niente meno che della felicità e del rapporto con i luoghi in cui viviamo.
Ne parlano, e bene, uno psichiatra assai noto e popolare come Paolo Crepet ed un altrettanto noto architetto come Mario Botta.
I due intellettuali, professionisti,ci avvertono che occorre ripensare la città come luogo dove potere essere felici e, così, contrastare
la visione del caos e della fatica del vivere quotidiano. Questo ripensamento è cosa non solo possibile ma fondamentale
anche da un punto di vista politico. Si tratta infatti di impegnare le nostre energie per attraversare e reinterpretare la mappa degli spazi urbani affinché il cittadino possa vivere in un tempo non solo produttivo ma anche in un tempo dove emozione e ricchezza di idee possano divenire strumenti per una nuova convivenza.

Ecco dunque per noi fotografi un invito a rivelare quei luoghi dove il cattivo progetto urbanistico ha reso infelice il vivere quotidiano. Un invito, per contrasto, cercare e rivelare gli spazi dove è possibile una quotidianità gioiosa. Un invito a ripensare, quindi, il senso dei luoghi dell’abitare,
dell’apprendere, del lavorare, del viaggiare, del desiderio, dell’evasione, del tempo perduto, del credere, della malattia, della memoria e della speranza.
Ho letto con vero piacere questo dibattito a due voci e ho apprezzato il contributo dell’architetto,tutto razionale e pieno di speranza,
e quello dello psichiatra intriso di tanta umana esperienza e di altrettanta fiducia dell’uomo.
Ne ho tratto questa conclusione: noi fotografi, proprio a noi, tocca verificare la bontà degli spazi dove fare abitare le emozioni,
atteso che ne provochiamo continuamente con le nostre visioni e rappresentazioni.

 
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