Venire alla luce
E’ questa l’espressione che adoperiamo quando nasce un cucciolo d’uomo; poi, per chi è credente, spesso, formuliamo altri incontri di Luce.
Ieri sera, dalle tenebre nelle quali avevamo immerso la nostra sala di riunioni abbiamo tirato fuori, con curiosità e benevolenza, alcune immagini che i nostri amici avevano teatralmente confezionato seguendo i colori dell’autunno, del quotidiano alimentarsi, dello still life cromaticamente seducente.
Quale minimo comune denominatore ha collegato un lanterna di carrettiere (ma non c’era quel tizio che cercava l’uomo con la lanterna?) con dei vecchi libri (forse v’era depositata la luce della cultura?), con un apparecchio fotografico (strumento per eccellenza sposato alla luce), con una pipa (la luce della concia bruciata e l’aroma che respiriamo),quattro dischi d'antan e quattro noci che devono stare in un sacco per fare un rumore perché, una sola, non ne fa affatto?
Li ha collegati il desiderio di trattenere l’immagine di una natura morta, e il ricordo che da quella morte un gesto vitale (la luce) l’ha tratti, accostandoli al desiderio artistico che sta dentro di noi.
E così si è fatto, per adesso, del pittorialismo. Più avanti, magari, faremo altro.
Per adesso è sufficiente che abbiamo comparato (ma che presunzione |) la nostra operazione alle ombre di un certo Caravaggio.
Per chi non volesse scomodare tante altezze, basterebbe un tal Gherardo dalle Notti, visibilissimo nel nostro Castello Ursino, ed assolutamente indicato a ribadirci la bontà di quanto i nostri amici ci hanno insegnato.
|