“La fotografia”
L’età contemporanea 1981-2013
Ed. Skira 60,oo.
Trattasi del quarto ed ultimo volume che conclude la storia della fotografia esposta, con nuova metodologia e criterio, da Walter Guadagnini, che ne ha curato la direzione, e dai suoi collaboratori, tra i quali spicca per acume e intuizione l’ottimo Francesco Zanot. Tralasciamo di citare tutti gli altri perché sarebbe come portare vasi a Samo.
E’ ancor presto per tentare di proporre un commento o una semplice presentazione critica del presente lavoro, invero titanico assai.
Sulla base della lettura e dello studio dei precedente volumi confermiamo però il positivo giudizio: in primis, perché mancava nel panorama editoriale un’opera con queste caratteristiche; in secundis, perché condividiamo i criteri espositivi e gli strumenti didattici adoperati.
Per quanto riguarda i primi troverete che le monografie ed i saggi qui raccolti sono scritti con motivate ragioni ed obbediscono ad uno schema espositivo e narrativo che mira a informare e, ragionevolmente, a problematizzare. I secondi si appalesano necessari poiché i rimandi ai glossari, alle tavole sinottiche ed ad una formibabile bibliografia allegeriscono il peso della lettura rendendola scorrevole ed avvincente.
Il presente tomo affronta probabilmente la parte più difficile di una storia che non ha neanche due secoli ma che ha vissuto rivoluzioni e docce fredde da non lasciare indifferenti, contaminandosi con le scienze dell’uomo e con le sue arti, ma anche con le sue speranze e con le sue memorie.
Se è stato facile raccontarne le origini, il coniugio col "medium stampa", l’accoglienza nei musei e, quindi, la sempre possibile e disponibile moderna nuova visione del mondo, ora si tratta di capire in che relazione sta la nostra vita di tutti giorni con lo strumento fotografico; si tratta di comprendere che valore ha raggiunto l’immagine, quale sia il suo potere o la sua inutilità, cosa sia rimasto della presunta oggettività e quanto è cresciuto il nostro peso connotativo come fotografi; si tratta di fare un bilancio o di intuire i possibili percorsi futuri.
E ancora: c’è spazio per un discorso estetico oppure il dato sociologico, statistico, quantitativo va prendendo il sopravvento?
Nasce, intanto, un argomento nuovo: “l’era dell’archivio”. Gli strumenti moderni, infatti, posseggono la capacità di conservare il risultato della visione e comunicare un intero archivio di esperienze; nascono addirittura strutture per la conservazione e l'immediata comunicazione.
C’è spazio, tempo, dunque, per rimeditarci sopra? Può emergere, in questi spazi la personalità dell’autore? Ancora un combattimento per l’immagine?
Il libro affronta egregiamente tali problemi, ed altri ancora, e va decisamente oltre. Penso che vi stupirà per le novità dei suggerimenti e per i nuovi percorsi intellettuali.
Io, però, vi confesso che improvvisamente mi son sentito vecchio: ho creduto fino ad ieri di sapere gestire la comprensione del “fotografico”, anche dopo Auschwitz, dopo Hiroshima e dopo il muro crollato, dopo Duchamp e dopo Andy Warhol; poi, dopo l’11 settembre, e non per colpa dell’11 se4ttembre, ho cominciato a perdere l’equilibrio.
Troppo forti ed intensi, troppo critici ed instabili mi appaiono i flussi di esperienze di cui si sta fcendo carico il pensiero dei fotografi.
Probabilmente voi che siete più giovani sarete a vostro agio; io comincio a gustarmi la strada del ritorno magari in compagnia di questo magnifico testo.
Où sont le neiges d’antan?
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