Abbiamo, forse, anticipato Pasqua?
Aggiungo una considerazione ancora rispetto ai commenti, alle inmagini e ai ringraziamenti che hanno costellato i giorni che sono succeduti ai nostri Incontri.
E’ una considerazione che guarda alla ricerca dei contenuti della nostra fotografia, ai referenti della nostra visione, alla sicurezza e alla qualità della nostra esperienza visiva.
A cosa mi riferisco?
Non è sfuggito a nessuno che un tema è stato ricorrente, ancorchè sommesso, nella ricca proposta della comune visione.
Durante la proiezione degli audiovisivi notevole consenso ha, infatti, riscosso il lavoro di Mary Indelicato sulla nascita del piccolo Riccardo (peraltro, presente in sala); inoltre, abbiamo convenuto con l’efficacia dell’immagine dell’amica Riggi, assai apprezzata come sintesi di un diritto universale; e, ai portfolio, con Flavia Curcuraci, un altro “lieto evento” è stato aprezzato per come è stato risolto in sequenza di immagini.
Ne deduco che al di là delle abitudini modaiole, al di là degli orizzonti delle compagnie aeree, al di là di tutti gli “equivalents” che cerchiamo tra la realtà che vediamo e quella che percepiamo, ci sta una volontà di fondo che ci spinge a tornare al mistero di cui siamo stati attori e protagonisti ma che non abbiamo visto e conservato nella memoria.
Di questo momento che mette fine a un’attesa per aprirne un’altra, e infinita, abbiamo, allora, confezionato delle icone, dei simboli, dei “cut” (tagli) tra spazio e tempo, per affermare che tutti abbiamo visto, tutti abbiamo convenuto.
Eravamo quei bimbi che proteggono il ventre della loro mamma, eravamo quelle lancette che scorrevano “frettolosamente lente”, eravamo quelle mani sporche di placenta, eravamo quelle bocche affamate di latte. Eravamo …
Questo tema ha caratterizzato ben tre momenti della nostra manifestazione e, sullo sfondo, c’era (perché non ricordarlo) la Matera, mater materiae, del nostro Cresci.
Questo mondo, quindi, ci interessa, come nonni, madri, figli, fratelli e come …….fotografi.
Sappiamo, infatti, attendere che un seme possa divenire frutto, che uno sguardo possa trasfigurare l’infinito reale, che la nostra speranza possa andare oltre la stessa speranza;
e che quest’esperienza viva cresca serena anche nel dramma della visione e nella scoperta della realtà.
Il mondo cristiano, in questi giorni di “passione” si confronta con questo titanico dialogo di vita e di morte e chiama questo evento “pasqua”, e definisce “gloria” il liturgico convenire del manifestarsi e del riconoscersi.
Noi conveniamo; ma non dimentichiamo che siamo fotografi, e adoperiamo ancora un termine che ci piace moltissimo:
“dare alla luce”.
Ed è con questo “istante” che vogliamo convivere - insieme a tutta la drammatica bellezza della natura - il tempo nuovo della pasqua.
Tanti auguri.
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