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Mario Cresci (1 in linea) (1) Visitatore
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Discussione: Mario Cresci
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Caristofane (Utente)
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Mario Cresci 10 Anni, 2 Mesi fa Karma: 2  
Ieri sera la presentazione, a cura di Pippo Pappalardo, della complessa figura artistica del fotografo Mario Cresci. Mi perdonerete se per colpa della stanchezza, del poco tempo e della complessità della figura mi avvalgo di rapide incursioni sulla rete per raccontarvi il personaggio, che merita sicuramente un più attento studio.
Fotografo, contestatore, sperimentatore e provocatore artistico, misuratore del mezzo fotografico e delle sue possibilità, infine docente, Mario Cresci è personaggio di notevole interesse per tutti i fotografi che cercano nuovi stimoli nel campo dello studio del linguaggio fotografico e della ricerca artistica formale e concettuale. Non possono essere sfuggiti i riferimenti a Ugo Mulas e alle sue verifiche, all’affermazione dell’autonomia del gesto fotografico e all’incoscio tecnologico caro a Vaccari dove il segno fotografico è solo in parte riconducibile alla volontà dell’operatore. «Non è importante che il fotografo sappia vedere, perché la macchina fotografica vede per lui». Franco Vaccari

Mario Cresci nasce a Chiavari (Genova) nel 1942. Dalla fine degli anni Sessanta ha sviluppato un complesso corpo di lavoro che varia dal disegno, alla fotografia, all’installazione. Il suo lavoro si è sempre rivolto a una continua investigazione sulla natura del linguaggio visivo usando il mezzo fotografico come pretesto opposto al concetto di veridicità del reale. Autore di una ricerca fotografica in cui le analisi della percezione visiva e della forma del pensiero artistico e fenomenico acquisite al Corso Superiore di Industrial Design di Venezia, si confrontano negli anni Settanta con l’esperienza diretta del lavoro sul campo in ambito etnico e antropologico delle regioni del Mezzogiorno italiano. Il pensiero corre subito alla spedizione etnografica di Franco Pinna svoltasi tra il 1950 e il 1959 insieme all’antropologo Ernesto De Martino in Calabria e Basilicata. Dalla fine degli anni Settanta si dedica anche all’insegnamento come attività di esperienza creativa condivisa con gli altri e intesa come parte integrante del suo lavoro d’autore nella convinzione che l’opera d’arte può consistere in un dispositivo formale che genera relazioni tra le persone o nascere da un processo sociale. Nel 1969 realizza la prima installazione fotografica in Europa alla Galleria Il Diaframma di Milano esponendo, nel rapporto tra produzione e consumo, un migliaio di cilindri trasparenti contenenti altrettante fotografie anch’esse trasparenti intese come frammenti del consumismo di allora nel dualismo tra immagini della ricchezza e della povertà. Nel 1968 e nel 1969 tra Roma e Parigi collabora con la Galleria l’Attico ed entra in contatto con Pascali, Mattiacci, Patella e Kounellis, realizzando una serie di performance urbane con due nastri fotografici di contenuto sociale e aderenti all’idea del teatro di strada. Dal 1970 fino alla fine degli anni Ottanta, lavora per la sua ricerca artistica nel campo della comunicazione visiva, usando la fotografia come collegamento concettuale tra il vedere e l’essere coinvolti nei problemi della vita reale nei posti in cui egli vive. Per questa ragione, la sua ricerca artistica si concentra tra la cultura e il design, gli stili di vita e le forme di produzione dell’economia dell’Italia del sud.
Varie sono le tematiche e le sperimentazioni sviluppate nelle sue opere nel corso degli anni: dagli slittamenti di senso, alle variazioni; dalle analogie al rapporto con il paesaggio e i luoghi dell’arte.
Nel 1974 alcune sue fotografie sono acquisite dal Moma di New York. Nel 1975 ha pubblicato la ricerca: "Matera immagini e documenti" e nel 1979 il libro: "Misurazioni" a conclusione di due anni di lavoro in un laboratorio-scuola da lui ideato per la Regione Basilicata. Dagli anni Novanta a oggi riprende il suo lavoro d’autore su tematiche di ricerca e sperimentazione come: slittamenti di senso, variazioni, coincidenze e luoghi dell’arte interni alle città. Nel 2004 si è tenuta alla Galleria d’arte Moderna e Contemporanea di Torino la sua prima mostra antologica, Le case della Fotografia, 1966-2003 a cura di Piergiovanni Castagnoli.
Dal 2005 in poi intensifica la sua attività artistica distaccandosi ulteriormente dall’idea di una fotografia fine a se stessa, nell’intenzione di rendere più leggibile, attraverso la sperimentazione, il rinnovamento teorico e pratico dell’immagine che attraversa altre discipline e saperi diversi.
Nel 2009 ha curato per il Sole 24 Ore Cultura , il volume "Future images" un’ampia ricerca sui giovani artisti che a livello internazionale operano con la fotografia
Infine si osserva il passaggio dalla fotografia antropologica alla fotografia a colori sul paesaggio, così come l’attenzione rivolta alla ricerca grafica – pittorica per ritrovare nuovi spunti e interessi non più finalizzati verso il problema del mezzogiorno, ma verso una ricerca più personale.
La fotografia di Cresci è orientata, in questo periodo verso una visione cromatica del reale dovuta, come afferma lo stesso fotografo, ad una conoscenza più approfondita del lavoro di Luigi Ghirri. Nasce, in questi anni, un interesse sempre maggiore per l’architettura e per la città, a scapito della ricerca antropologica che aveva contrassegnato i suoi lavori precedenti. I riferimenti culturali della fotografia di Mario Cresci sono stati Merleau-Ponty, Bachelard e Italo Calvino, mentre da un punto di vista strettamente fotografico, i suoi maestri sono Walker Evans, Lee Friedlander, Robert Frank, Joel Meyerowitz e Gordon Parks, ma, altrettanto importante, è stata la ricerca di Ugo Mulas.
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Attualmente è docente di Fotografia all’Accademia di Brera di Milano.

 
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E\' un\'illusione che le foto si facciano con la macchina... si fanno con gli occhi, con la testa e con il cuore.
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Chi non sa fare una foto interessante con un apparecchio da poco prezzo, ben difficilmente otterrà qualcosa di meglio con la fotocamera dei suoi sogni.
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Barbera (Admin)
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Re:Mario Cresci 10 Anni, 1 Mese fa Karma: 6  
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