Ho titubato un poco prima di entrare nella comune riflessione: anche perchè l'istanza era mossa da un sincero sentire ed i soccorsi giungevano supportati dall'esperienza. più che dalla vanità del volere eeserci.
Non entrerò nel territorio in cui Salvo Canuti ha fatto confluire la sua risposta, ovvero quello del sentire libero dell'artista; e nemmeno dell'attenzione al dato emotivo, sottolineato da Emanuele e fondamentale per penetrare nel mondo contemporaneo fatto di continue "repliche".
In questa circostanza mi piacerebbe solo ribadire il senso un verso (credo di Giacomelli) che suona "la figura nera attende il bianco".
Possiamo anche porlo in termini contrari ma occorre conservare in ogni caso il senso di attesa (di dialogo) teatrale di ogni elemento compositivo dell'immagine (di ogni genere e natura: figura, colore, ritmo, orientamento, taglio).
La realtà è sempre di fronte a noi, e anche quando vogliamo "nasconderla" - eliminandola o drammatizzandola - facciamolo perchè qualcosa di altro aspetta questo risultato, attende questa scelta, vuole incontrare, insomma, il nostro progetto.
Bruciare i neri o bianchi non deve essere mai una mera deriva espressionista, magari di facile effetto e di ambigua interpretazione. ma il coerente dialogo tra i bianchi ed i neri.
Dal momento che si è voluto optare per la scelta del non colore, abbiamo automaticamente innescato il meccanismo della convenzione ed il problema è appunto venirme fuori. E costa fatica (Pulvirenti docet!)
Un suggerimento? Ascoltare il richiamo del bimbo che ci sta accanto.
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