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Letture d'agosto? Italo Calvino e .. la fotografia (1 in linea) (1) Visitatore
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Discussione: Letture d'agosto? Italo Calvino e .. la fotografia
#4666
PipPap (Utente)
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Sesso: Maschio Ubicazione: catania Compleanno: 1952-11-11
Letture d'agosto? Italo Calvino e .. la fotografia 13 Anni, 9 Mesi fa Karma: 9  
Fotografare è chiamare le cose per nome ?

Vi sarete accorti che, nei tanti interventi racchiusi nelle sezioni di questo sito, vi sono frequenti rimandi all’opera letteraria e saggistica d’Italo Calvino.
Vi ricorderete certamente del protagonista del racconto “Avventura di un fotografo” (in “Gli amori difficili”, Einaudi, poi Mondadori). Di recente, inoltre, alcune riflessioni sul rapporto tra fotografia e territorio rimandavano a “Le città invisibili” (idem). Assai spesso, infine, abbiamo citato il bellissimo “Palomar” (Mondadori).
Riteniamo opportuno, in questo mese di vacanze, affacciarci su questa rubrica e suggerire qualche lettura che riguardi la formidabile esperienza intellettuale dello scrittore e capirne l’importanza per le nostre meditazioni fotografiche.

In una lettera del 1960 all’amico Francois Wahl, Calvino riconosce che il suo punto di partenza è l’immagine: “l’unica cosa che vorrei insegnare è un modo di “guardare”, cioè di essere al mondo”.
La scrittura e la lettura si presentano, nell’opera, calviniana come due coordinate del suo sistema classificatorio, la griglia con cui tentare di catturare il mondo visibile: “il pensiero dell’occhio”.
Questa considerazione è per noi d’estremo interesse perché ci consente di utilizzare l’esperienza (da intendere qui com’esperimento) letteraria dello scrittore mutuandone risultati e conclusioni e accertarne, poi, le compatibilità con quanto andiamo riflettendo sulla fotografia.
I personaggi che Calvino mette a centro delle sue opere hanno, infatti, come noi, la “passione del vedere”, da Pin di Carruggio-Lungo fino a Palomar.
Come fa ben intendere il critico Marco Belpoliti, (“L’occhio di Calvino”, Einaudi) l’idea del personaggio (bambino, ragazzo, animale) che filtra con il suo sguardo la realtà dei grandi o gli enigmi della natura non è solo una ripresa di personaggi simili della letteratura ottocentesca (Stevenson) ma la ricerca di un punto d’osservazione insolito che possa permettere di sfuggire ai pensieri ed alle immagini coatte per instaurare un nuovo rapporto con il mondo.
Uno sguardo per niente ingenuo, peraltro, ma fondamentalmente vergine come quello del signor Palomar al suo arrivo in Giappone: “quando tutto avrà trovato un ordine ed un posto nella mia mente comincerò a non trovare più nulla degno di nota, a non vedere più quello che vedo. Perché vedere vuol dire percepire delle differenze”.
Quest’approccio visuale, secondo Domenico Scarpa, altro non è che lo “straniamento” teorizzato da Sklovskij e da Ginziburg enunciato nel seguente modo: “per vedere le cose dobbiamo prima di tutto guardarle come se non avessero senso alcuno, come se fossero un indovinello” (Nota personale: queste considerazioni non ci riportano all’esperienza di Ghirri?).
Ma ritorniamo a Calvino ed alla sua opera e quindi al significato dello sguardo e del vedere.
Il critico Scarpa, succitato, individua nell’opus calviniano modi diversi ed opposti di movimentare e dislocare lo sguardo.
Abbiamo un punto di vista “gnoseologico” che oscilla tra una visione candida, come di una prima volta, ed una visione carica di tutte le stratificazioni ed i condizionamenti biologici, culturali e storici.
Abbiamo inoltre un punto di vista “ottico” che riporta allo straniamento di prima, alla prospettiva insolita, al vedere diverso - esemplificato nella “Trilogia degli Antenati” (uno sguardo spaccato in due, o spiovente dai rami, o smaterializzato) – o al vedere nuovo, ovvero suscitare immagini dove prima non ce n’erano, trarre stimoli visivi da materie refrattarie alla visibilità come la genetica, la fisica (vedi “Le Cosmicomiche”,” Mondo scritto e mondo non scritto”).
Abbiamo, pure, il vedere “molteplice”, la proliferazione dei punti di vista (“Se una notte di inverno un viaggiatore”).
Ed infine la “intensificazione” dello sguardo, il vedere di più: lo sguardo per sua natura selettivo pretende ancora, vuol vedere tutto e completamente.
E tutti questi punti di vista, questi sguardi, sono connessi ed interdipendenti, e vedere significa istituire nessi e compenetrazioni investendo nello sguardo intelligente tutte le nostre risorse: in “Palomar” i vari livelli descrittivi, narrativi, introspettivi si dispongono a comporre un’esaustiva psicologia dello sguardo quasi a confondere la figura del narratore con quella dell’autore, di colui che vede.
Dice il suddetto Wahl: “lo choc del “reale” provoca l’apparizione di una “immagine”: è ancora il reale ed è già un’altra cosa; l’immagine traduce un’esperienza, ma significa di più e su un altro piano. Ed ecco che questo simbolo si mette a vivere; sviluppa una sua “logica”; porta con sé una rete d’avvenimenti, di personaggi; impone il suo tono, il suo linguaggio. Ma questa logica a sua volta, ha alcune delle sue articolazioni ed il suo punto di arrivo fissati fin da principio; l’incalzare di formule e d’avvenimenti s’esaurisce per terminare infine nella pace di una “contemplazione”.
Questo è il processo che governa ogni opera di Calvino, comporre i termini che meno siamo abituati a vedere andar d’accordo.
Ma questo è un processo che noi fotografi abbiamo sempre cercato. Come Palomar, in fondo, ci siamo convinti che “le cose da guardare sono solo alcune e non altre, e dobbiamo andarcele a cercare; per far questo dobbiamo affrontare ogni volta problemi di scelte, esclusioni, gerarchie di preferenze; presto però ci accorgiamo che stiamo guastando tutto, come sempre succede quando mettiamo di mezzo il nostro io e tutti i problemi che abbiamo col nostro io”.

Allora volete aggiungere, come fotografi, qualche libro per le letture di agosto?Cercate le opere di Italo Calvino sopra richiamate; sono tutte edite nella collana economica degli Oscar Mondadori, rintracciabilissime nei mercatini dell’usato anche per i tipi Einaudi (Pippo Pappalardo)
 
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Ultima Modifica: 2010/08/07 12:22 Da PipPap.
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