Luigi Ghirri: Deserto rosa.
Voi tutti sapete quando io ami l’opera di Luigi Ghirri, quanto ne apprezzi l’atteggiamento fotografico ed esistenziale, quanto - e voi me ne avete dato atto – frequentemente ritorni sulle sue riflessioni e sulle sue considerazioni; quanto, ahinoi, rimpiangiamo la sua scomparsa.
Per nostra fortuna, chi gli è vissuto accanto e ne conserva e ne coltiva la memoria, non ha mai mancato di incoraggiare l’incontro con la personalità del nostro fotografo riprendendone il ricordo e promuovendone il vecchio ed eterno invito ad “accostarsi alle fonti dell’emozione”.
Vi consiglio, allora, l’acquisto di due dvd e di un piccolo prezioso libro, tutti racchiusi in una elegante confezione, assai economica, edita da bettty wrong, prodotto dalla Rai, e che, nell’insieme, presentano il film “Deserto rosa”, ospitato al Festival di Venezia 2009, realizzato da Elisabetta Sgarbi, sorella del famoso critico d’arte, la quale, con la prestigiosa collaborazione del regista russo Alessandro S
urov, ha ripreso il vecchio progetto di Ghirri di realizzare “una casa delle stagioni” laddove le fotografie potessero convivere nel tempo naturale e nel tempo dell’arte. Il vecchio progetto è diventato allora l’occasione di rendere i paesaggi fotografici di Ghirri protagonisti delle sequenze cinematografiche che, accarezzate dall’invenzioni musicali del nostro Franco Battiato, recuperano la magia di quello sguardo benevolente sul mondo e sull’enigmatica presenza-assenza della nostra umanità.
Confida Paola Borgonzoni che il suo amato compagno di vita “era come il matto de “La strada” di Fellini, come lui funambolo sulla corda tesa tra una torre fatta di tante Gelsomina
ed un’altra fatta di tanti Zampanò: tra questi due modi di stare al mondo, tra il desiderio di recuperare lo stupore dell’infanzia e quello di mantenere la giusta distanza da un brutto modo di essere adulti, per tutta la vita ha cercato il punto di equilibrio su questa fune; a Luigi piaceva vedere le cose dall’alto e la fotografia gli è servita da bilanciere”
Il libro ed il film seguono, come dicevamo, il ritmo delle stagioni; la voce recitante è quella di Toni Servillo; le atmosfere ricreate confluiscono rispettosamente nelle luci e nei colori delle sempre amate fotografie.
Riconosco che la proposta di questo mese vi potrà apparire alquanto insolita ma penso che, a volte, il ritorno tramite il mezzo cinemafotografico sulle persone e sulle cose che abbiamo amato ce le fa apprezzare maggiormente; e tanto è quanto segretamente spero.
Per intanto vi garantisco che il presente lavoro è una profonda quanto poetica riflessione sull’uso meditato ed appassionato dello strumento fotografico, rivisitato da una sapiente rilettura cinematografica messa al servizio dell’artista emiliano e dell’eredità di idee che ci ha lasciato.
Tutti coloro che sono coinvolti nel presente lavoro testimoniano, infatti, della disarmata e potente capacità di Luigi Ghirri di dichiarare la verità delle cose e, sull’esperienza di questa constata verità, far nascere un’attenzione gradita, come la semina di qualcosa che domani sarà un fiore o, quantomeno, sarà riconosciuto, sicuramente atteso, come tale.
Due prelievi, estratti, dalla presente proposta:
“Siamo soli con tutto ciò che amiamo” (Novalis);
“Quelli che ami, a volte, ti fanno a pezzi col sorriso sulle labbra” (P. Markaris)
Il senso rasssicurante per quanto inquieto di queste affermazioni cercatelo, in queste sere d’estate, tra le sequenze del film: nel frattempo, un uomo ed una donna, su un barcone illuminato nella notte, lo stanno ballando per noi
Disponibile in tutti i cataloghi e rivenditori di dvd cinematografici.