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Marzo 2012:Simone Raeli (1 in linea) (1) Visitatore
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Discussione: Marzo 2012:Simone Raeli
#6582
mary (Admin)
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Marzo 2012:Simone Raeli 12 Anni, 1 Mese fa Karma: 30  
Recensione di Alberto Castro:

“Benvenuto”
Simone Reali

Il difficile tentativo di risalire dal segno all’idea, nella scelta di Marzo è stato facilitato dal titolo
e dal sottotitolo dell’autore. L’idea del fotografo di tipo narrativo è quindi espressa di certo
nel “benvenuto” del suo titolo, ma anche nelle informazioni (troppe forse) che accompagnano
l’abstract. Le informazioni presenti nel testo di accompagnamento sono svariate che indubbiamente
però aiutano a comprendere più a fondo l’idea di partenza, ma che probabilmente chiudono la porta
a possibili altre interpretazioni di tipo personale del lettore.
Siamo quindi all’interno di una “zona conservatrice di Istanbul”, Fatih per l’appunto. Senza il testo
questa informazione non sarebbe potuta emergere dalla lettura fotografica, viceversa il fatto che
l’area oggetto del reportage è una zona povera, colorata ed ospitale, appare chiaro ed evidente sin
dalla prima analisi del “cosa”. Altro che non appare dalla foto, ma che probabilmente si evince dal
reportage è la multirazialità e la malinconia, che secondo le parole del fotografo caratterizza questo
luogo. Attenzione c’è un’ultima informazione che il fotografo ci regala: “amo questa città” egli
dice.
Finito di leggere il testo, iniziamo ad analizzare il “cosa” presente nella fotografia.
La scelta del formato rettangolare disposto in orizzontale contribuisce ad immaginare che si tratta
di un racconto più che un documento. Il colore appare immediatamente come parte imprescindibile
di questo racconto. Il punto di ripresa dal basso connota ed evidenzia il soggetto in primo pian:
una splendida bimba coloratissima in strada. Il secondo piano è il piano di una donna ritratta di
profilo disposta sull’uscio di un locale interno (casa, forse) identificabile un passaggio cromatico
e probabilmente simbolico. La donna è vestita di un abito nero a righe bianche ed è perfettamente
inquadrata in un rettangolo nero che marca il confine tra l’esterno, la strada, e l’interno la casa. A
questo punto il terzo ed ultimo piano in cui si trova il terzo personaggio della fotografia, in cui ci
appare una figura di un uomo seduto immerso nel nero, la cui barba bianca ci lascia pensare ad una
figura anziana.
La disposizione dei tre personaggi all’interno ed all’esterno di un ambiente domestico (sempre
forse, perché in effetti dal “cosa” questo non si evince) rendono la composizione interessante ed
estremamente dinamica dotata di una distribuzione elicoidale di sguardi, gesti e posture che donano
profondità prospettica ad un difficile scatto, anche dal punto di vista dell’esposizione. Questa
distribuzione di pesi è per me geniale se interpretata sotto il punto di vista dello scandire del tempo.
La trovo talmente forte che mi lascia un interrogativo non risolto. Non è che in questo caso il
nostro cosa può essere inteso anche come concetto e non solo come oggetto? Non è che magari il
cosa di questo scatto può essere inteso come il “passare del tempo” e la “convivenza delle diverse
generazioni”?
Buono l’uso del 40 mm a diaframma molto aperto, anche se ha determinato l’ingombrante presenza
di linee cadenti, che fortunatamente non pregiudicano a mio avviso lo scatto. All’esterno sui lati
si intravede parte del contesto di povertà (non estrema per la verità) di cui ci parla il fotografo nel
testo iniziale.
La parte esterna coloratissima, il piano del prospetto dell’edificio di transizione al monocromatico
dell’interno dell’ambiente domestico, denuncia un sapiente ed estremamente efficace uso del colore
anche dal punto di vista simbolico. Ed andiamo quindi al “come” ed all’espressione dell’idea
del fotografo. Una città che ama e che è amata dalla gente che la vive e che la abita, anche nelle
zone più povere e più conservatrici. Conservatrice nelle proprie tradizioni usi e costumi, in cui
probabilmente è radicata da generazioni il senso dell’ospitalità e del benvenuto. Credo sia questo il
messaggio di fondo, l’idea del fotografo che con grande maestria ha saputo unificare tre generazioni
diverse sotto l’unico filo conduttore della disponibilità nell’accogliere con gioia il visitatore. Le tre
generazioni sono marcate da quello che per me rappresenta, o può rappresentare simbolicamente un
nucleo familiare composto da figlia, madre e nonno, articolato, unito ma distinto nelle posizioni dei
protagonisti all’interno del fotogramma, su di un asse delle ascisse temporali con origine su strada e
verso positivo entrante nella casa. La giovinezza simbolicamente carica di colore, di ingenuità che
via via si trasforma maturando in sguardi ed espressioni più smorzate un po’ più controllate, ma pur
sempre di gioia e disponibilità verso l’ospite, passando per il bicromatismo fino al monocromatismo
del “nonno”.
In sintesi direi quindi che il come risolve magnificamente lo scatto. Ciliegina su questa spirale
temporale è certamente lo sguardo della bimba…
Direi quindi che l’idea chiara del fotografo ci ha permesso di svolgere una lettura mediata, tant’è
che partendo dal concetto di famiglia come simbolo per l’intero popolo (la parte per il tutto) ci è
stato permesso di estendere il concetto ed allargare i confini di Fatih a tutta Istanbul.
Il “perché” è diretta conseguenza del “cosa” e del “come”, nulla di più vero come in questo caso,
oltre che ben deducibile dalle parole del fotografo in apertura.

Complimenti Simone! La tua foto è per me “Buona” e “Vera”… ed allora come dice Pippo,
anche “Bella” e per questo motivo “mi piace”!!!

Alberto


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