Dorotea Lange ovvero l’icona fotografica.
L’appuntamento che la rivista National Geographic ci riserva questo mese in edicola, è con la grande documentarista statunitense che, durante il periodo della depressione americana, seppe dare un volto straordinario, reale, vero e ricco di sentimento, alle difficoltà e alle indigenze di quell’America che letteralmente stava morendo di fame.
La sua fotografia è stata grande perchè capace di trasformare il documento in icona perenne della nostra memoria.
La sua riflessione fotografica, espressione di profondi studi e di pretigiose collaborazioni (fondamentalmente la PSA di Roy Striker), è stata sempre frutto di una concentrazione sull’evento, sul volto, sul particolare fino a quando questo non veniva raccolto nella camera oscura e si sovrapponeva col pensiero che lei aveva in testa e che l’aveva spinta a guardare in quella direzione.
La “madre migrante” è divenuta un’icona; saccheggiata, manipolata, inquinata, travisata e, pure, offesa. E ciò nonostante, proprio tutto questo va a favore delle possenti capacità di comunicare e di far riflettere che questa immagine possiede: c’è da meditare sulla natura della sua potenza e sul perché della sua continua inarrestabile storia.
Guardate queste fotografie: la crisi economica, maturata nel tempo, divenne visibile dramma improvvisamente. E speriamo che la Storia non si ripeta.
Il fascicolo è discretamente curato, alcune immagini mi sembrano inedite ed in ogni caso fa parte di una collana economica tra le poche rimaste.
La rivista, nel frattempo, pubblica il bando di concorso fotografico nel quale amici come Francesco Barbera e Lucia Pulvirenti si sono egregiamente affermati.
Prossimo appuntamento con Alfred Eisenstaedt (ricordate quel bacio festoso che sapeva di pace, sulla strada, tra una infermiera ed un marinaio?).