L’anno nuovo ci porta in edicola, da giorno 5 di Gennaio, una grande proposta: un volume interamente dedicato a Walker Evans, il grande fotografo americano, maestro assoluto del reportage, padre di tutti coloro che attraverso lo strumento fotografico provano a cambiare il mondo.
L’introduzione al volume è, come al solito, sapientemente curata da Michele Smargiassi, ma stavolta il personaggio è talmente noto, e le sue immagini talmente famose che ogni commento vi apparirà solo l’occasione per una nuova verifica, per un momento di confronto; tale è l’importanza del nostro eroe.
Quando parliamo di fotografia sociale, quella fatta di documentazione, di impegno, di denuncia, di umanità, non possiamo tralasciare l’importanza della sua opera e della sua testimonianza. Una testimonianza, si badi bene, filtrata dalla letteratura dei suoi compagni di viaggio (Agee) e completamente immersa, per una buona parte della sua vita, all’interno di ciò che fu la F.A.R.M., per gli Stati Uniti e per tutte quelle circostanze in cui l’umanità ha attraversato l’esperienza della crisi.
Giunge opportuno in questo nostro tempo turbato dal “malefico incoronato” la proposta di un “visionario” che sa guardare in faccia lo smarrimento e la paura; ed insieme il desiderio di certezza nel futuro, nella riaffermazione di una dignità ancor più forte di prima.
Tempo addietro, in Acaf, cominciai a proporre la visione dell’opera di Evans sub titolo “la fotografia al tempo della crisi”. Portai in giro per i circoli quel lavoro; non avrei immaginato di rivederlo e proporlo magari per farci forza e trarre spunti di riflessioni
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