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Bazan e Cuba, la storia di un amore malinconico PDF Stampa E-mail

Bazan e Cuba, la storia di un amore malinconico
Incontro con l'autore di "BazanCuba" e "Al Campo"
di Maria Torrisi

Ha chiuso la porta, Ernesto Bazan, lasciandosi alle spalle la "sua"
Cuba. Una terra che prima lo ha ammaliato, inebriato, rapito, e poi
lo ha
respinto, costringendolo a "scegliere" di allontanarsi. Perchè, se in
un primo momento quella terra incantata e imprevedibile lo ha
osservato con curiosa avidità, alla fine ha avuto paura di lui.
Non  solo della sua unica "arma" - una  reflex meccanica, con
obiettivo
manuale - ma soprattutto delle sue potenti ali, che potevano far
volare
troppo in alto coloro che dal regime sono costretti a rimanere
schiacciati al suolo.

Oggi - anche grazie al contributo di tanti giovani che hanno
frequentato i suoi master di fotografia e che si sono legati a lui
riconoscendogli impareggiabili doti di professionalità - i
tantissimi
scatti, che in 14 anni di devota permanenza sull'Isola sono stati
catturati dalla sua "Canon"
e collezionati in un instancabile, assiduo lavoro di ricerca
dell'attimo che mai si ripete e mai ritorna, sono diventati libri.
Due libri, che non sono soltanto la straordinaria raccolta di
indiscussi
capolavori d'arte, ma è anche una malinconica e struggente opera di
denuncia.


"BazanCuba", il libro che raccoglie la selezione di scatti in
bianco
nero del fotografo palermitano, ora residente - con la moglie e i
loro
due gemelli – in Messico, che all'inizio di Aprile è stato ospite
dell'Acaf in una indimenticabile serata organizzata allo Sheraton,
sembra una malinconica canzone d'amore che un amante respinto
dedica
all'amata perduta.
Nella carrellata di immagini, proiettate al numeroso pubblico
presente all'evento, sono state declinate tutte le forme del
"saudade",
il particolarissimo sentimento di dolore, passione e nostalgia che
solo
il popolo dell'america -latina riesce a definire con un termine unico
e
intraducibile,
che sa di miele e di fiele, di dolce e di amaro: lo stesso sapore
di
un bacio perduto.
In ognuna delle immagini, lo sguardo attento del fotografo ha
saputo
catturare un fremito: lì un guizzo di gioia saltato fuori in un
deserto
assolato e apparentemente immobile, lì un brivido per una carezza
appena accennata, lì ancora il calore di un sorriso che sta per
nascere. E li ha fissati mantenendo intatta tutta l'atmosfera,
senza
mai permettere che l'obiettivo spazzasse l'alone di mestizia che
avvolge ovattando tutto il paesaggio, l'ambiente e i suoi abitanti.

Le foto – stavolta a colori - raccolte all’interno del suo secondo
libro, intitolato “Al Campo”, descrivono il lavoro dei contadini,
duro
e faticoso, che il fotografo scruta piuttosto da lontano, lasciando
che
siano le ombre curve a parlare della fatica, senza puntare o
sostare
mai sul sudore della fronte.
La danza diventa un vortice, nel quale i particolari si perdono per
fare spazio alla musica delle forme.
Nella carrellata di volti i soggetti sono ritratti in bilico tra
l'essere e il voler essere, mentre intorno il mondo sembra
dilatarsi
sotto l'effetto di lenti deformanti che lo fanno apparire simile ad
un
sogno.
Questa è l'isola di Cuba per Ernesto Bazan, quella Cuba ormai
lontana
che però resta scolpita nel cuore, dove - grazie alla magia delle
immagini - continua a vivere con tutti i suoi fremiti.

Maria Torrisi
 
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