Le lune di carta |
di Pippo Pappalardo Quando smetteremo di parlare della Luna, ovvero del concorso de “i lunatici” che ci ha impegnato in questo scampolo di primavera?Potremmo farlo subito, e ci toglieremmo ogni pensiero; oppure possiamo meditarci ancora un po’, magari per goderci qualche reminiscenza, o il frammento caduto per via, e così riprenderci l’idea buona, quella a portata di mano che al momento opportuno non si è palesata. Se opto per la seconda scelta, invece, i miei sensi stanno all’erta come se dietro ogni ombra, ogni pensiero ci fosse ancora una luna da mettere in gioco o da suggerire agli amici. Così, inevitabilmente, anche su vostro involontario consiglio, altre lune vado scovando cercando un libro, una canzone, un tramonto, oppure un’alba, una fetta di torta, un bacio. Ed allora mi vien voglia di ripetere l’appello, di rinnovare l’invito a cercare ancora: “mais tous les matins du monde sont sans retour”. Ieri, infatti, avevamo fermato nel tempo un incontro, avevamo dato realtà ad una fantasia, e ci siamo riusciti. Oggi abbiamo delle immagini, vere e sentite, sulle quali vogliamo riflettere ulteriormente. Domani, quando il valore emotivo di queste nostre creature diminuirà, troveremo altre parole per ricordarci di loro? Immagini come parole, quindi, e parole come immagini? Cosa rimarrà di questo esperimento, di quest’esperienza? Proviamo a pensarci. Proviamo a rivedere la sequenza che Angelo Consoli ci ha montato. Che cosa ci rivelerà domani? Forse una ripetizione, un paradosso, un luogo comune, una perifrasi, una similitudine, una preterizione, una reticenza, un’iperbole, una metonimia, una metafora, un’allegoria? Oh no! La nostra poesia non può essersi trasformata in tecnicismi da linguaggio retorico, le nostre lune sono vere, verissime, e ….. non sono lune di carta. Già, non lo sono. Ma le abbiamo pur messe in concorso e le abbiamo giudicate, e le ricorderemo, anche utilizzando questi concetti (v. a proposito, Progresso Fotografico, serie ORO,2). Però (si, c’è un però), io non scorderò quel sorriso fuggente che mi confessava di non averlo magari dato ad intendere ma, vedere “riconosciute” le sue lune, gli/le aveva provocato un’intensa emozione. Ed in quel sorriso bastava poco per vedere la Luna. |
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