di Pippo Pappalardo
Mi aveva telefonato l’anno scorso.
Mio figlio mi destò dal sonnellino pomeridiano e mi disse: “Al telefono
Enzo Sellerio”. Ed io, incredulo, e di rimando, prendendo il ricevitore:
“Ed io sono Cartier Bresson”.
E lui: “No, caro avvocato, sono proprio Enzo, il fotografo e le telefono
per ringraziarla delle belle parole che ha voluto usare nel ricordare
il mio lavoro ai tempi di Borgo di Dio e del servizio pubblicato su
“Cinema nuovo” di Aristarco”.
La voce era affaticata ma il tono era quello di sempre: cordiale, elegantemente contenuto, da gran signore insomma.
MI rammentai che su FotoIt avevo scritto di come Sellerio, denunciando
le condizioni di vita in quel di Partinico, aveva fotograficamente
trasformato il sentimento della pietà in concreto impegno civile.
Avvertii come un accenno di commozione tra quei ricordi, subito
represso, e lo ringraziai per l’onore concessomi con quella telefonata.
Lui, allora, mi rimproverò amichevolmente ricordandomi distintamente le
altre occasioni di incontro che io pensavo sepolte da qualche parte e
che invece, nitidissime e perfettamente a fuoco, lui mi ricapitolava.
Ero in solluchero per tanta attenzione.
Adesso, invece, sono addolorato perché sento la scuola siciliana di
fotografia come decapitata: non che lui si sentisse parte di una scuola
ma si riteneva, a buon diritto, di aver aperto, insieme a pochi altri,
gli orizzonti siciliani all’attenzione del mondo.
Nato a Palermo da padre siciliano e da madre di origine russa, avviato
ad una brillante carriera accademica di giurista, abbandona la cattedra e
si dedica al fotogiornalismo grazie all’accoglienza delle maggiori
testate europee. Nel 1952 la rivista “Du” dedica un numero fotografico a
Palermo corredato da sue fotografie. Su incarico della televisione
tedesca, insieme con Hiroshi Hamaya e Will McBride, realizza un servizio
che poi confluirà nel film “Ad occhi aperti”.
Nel 1963 sposa Elvira Giorgianni dalla quale nasceranno due figli,
Olivia ed Antonio. Nel 1965, soggiorna negli USA e lavora per Vogue e
Fortune. Nel 1967 insegna alla facoltà di Architettura di Palermo e nel
1968 fotografa il terremoto nella valle del Belice.
Nel 1969 fonda insieme alla moglie ed al cognato l’omonima casa editrice.
Rilevante la sua collaborazione al “Mondo” di Pannunzio. Di assoluto
valore la ricognizione delle “cose di Sicilia” e di Palermo in
particolare.
Riconosceva pochi debiti stilistici o d’ispirazione ancorché in continua
ammirazione dei Cartier Bresson, Ronis, Strand, Frank e del nostro
Berengo Gardin. Attentissimo agli esiti della fotografia siciliana ma
tormentato il rapporto personale con i suoi protagonisti.
I fotografi siciliani gli debbono molto, soprattutto quella volontà di
trovare in ogni immagine di Sicilia, un aspetto alto, culturalmente
propositivo, assolutamente dignitoso e di cui andare orgogliosi a
dispetto della cronaca e delle difficoltà.
Con generosità ha voluto dare un contributo alla prima pubblicazione
ACAF nella ricorrenza dei suoi venticinque anni sintetizzando in una
pagina, della quale riportiamo l’immagine che ha voluto proporci, la sua
forte e caustica poetica.
L’amico Cosimo Di Guardo, in occasione del’assegnazione del Premio Foto Arte
2003, ricordava come, dopo averlo accompagnato a casa a Palermo,
confidasse alla figlia la piacevole esperienza della consegna del Premio
ma ancor più il sorprendente entusiasmo di oltre mille fotoamatori
catanesi che lo applaudivano.
Ovunque Tu sia, caro Enzo, quell’eco di applausi Ti accompagni come un ringraziamento per le immagini che ci hai donato.
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