Giuseppe Leone non è più con noi.
Ieri, il nostro amico, il compagno di tante avventure e di tanta poesia, improvvisamente ci ha lasciato portando via con sé una parte di noi stessi. Quella parte che aveva intravisto nei suoi paesaggi, nelle sue atmosfere, nelle sue storie siciliane, nei suoi ritratti, nei suoi viaggi, nel suo barocco, nelle sue feste, nelle sue donne. Si, si è portato via quella sicilianità che lui ci faceva rivivere, ricordare, riaffermare con orgoglio in ogni sua Mostra, in ogni suo libro.
Dove troveremo adesso quelle risorse culturali da dove riprendere, con consapevolezza, la forza necessaria per lottare contro la troppo facile presunta “irredimibilità” della nostra Terra?
Lui ce l’ha insegnato lungo gli anni del suo lavoro: guardare con attenzione e con rispetto;
guardare senza essere presuntuosi ma coltivando l’umiltà dello sguardo; guardare stupendosi di un carrubo, di un momento barocco, del sorriso di una sposa.
Guardare e chiedere aiuto proprio alla nostra gente, a coloro che ci stanno accanto, che ci guidano con il loro contributo artistico, religioso, sociale. Starà adesso sorridendo col suo maestro Antoci? Starà accanto a Enzo S., Piero G., Vincenzo C., Leonardo S., Gesualdo B., Rosario A. ed a tutto il Panteon siciliano che così bene ha raccontato in immagine.
Oltre cinquanta libri, una notorietà internazionale, la stima di tanti colleghi, la fiducia di tanti discepoli potranno bastare a trattenere la sua memoria?
Invero, il “nostro” Peppino ci sta lasciando questa Terra Madre e tutti i suoi figli, pregando di vivere questo dono in amicizia. (Pippo Pappalardo)
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