ACAF Blog
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giovedì, 10 dicembre 2009 |
There are no translations available
di Pippo Pappalardo A voi, amici, che leggete questa home page, voglio ricordare, qualora ce ne fosse bisogno che Dicembre è arrivato da tempo ed anche questo anno, il 2009, se ne va. E’ il momento di fare bilanci? Via, quello degli acaffini è ampiamente positivo e siamo in credito anche con la buona sorte. In ogni caso quel che è stato fatto è stato fatto e quel che eventualmente resta da fare lo faremo nell’anno nuovo. E’ importante, però, capire cosa veramente abbiamo fatto di buono, di nuovo, perché è’ necessario capire dove sta la crescita della famiglia ACAF. Tante volte, invero, abbiamo parlato di lei come di una famiglia, ma anche come di un movimento d’idee fotografiche e, da ultimo, come di un’officina dove proporre la “revisione del nostro sguardo”,il tagliando da spendere per rimettere a fuoco la giusta prospettivanella quale far convergere gli occhi, il cervello ed il cuore. Ed allora dobbiamo guardare, con tenerezza ed orgoglio, ai prodotti di quest’officina, di questo laboratorio: non solo ai suoi manufatti, ovvero il sito web, la rivista-notiziario, gli audiovisivi, gli incontri settimanali, le mostre, i singoli fotogrammi che abbiamo realizzato, ma anche alla qualità delle idee, alla novità delle proposte. E, quindi, all’onestà del nostro sguardo, alla pulizia del nostro vedere, alla serietà del nostro impegno. |
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mercoledì, 09 dicembre 2009 |
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di Licio La Rocca
Un bagno d’umiltà. Ecco quello che mi accadde qualche mese fa. Mi ritrovai, casualmente, a nuotare nel fiume dei valori.
Io, tutto preso dal vortice della vita quotidiana, fatta di rancori, invidie, litigi, lotte per futili motivi,
contrasti per interessi, inaspettatamente fui spinto, tutto vestito, in acqua. Dapprima annaspai, poi pian piano
trovai il tempo della giusta bracciata.Nuotai, controcorrente, osservando le sponde del fiume.
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venerdì, 27 novembre 2009 |
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di Marinella Coco Immersa nei miei pensieri. Seduta al tavolo di un pub, vengo destata dal flash di una compatta. Un gruppo di ragazzi sta immortalando la serata. Mi accorgo che, in altri tavoli, si ripete la stessa scena. Scorgo una coppia di amici che si fotografa con il telefonino. Quanti sorrisi dietro quegli scatti. Una foto che “raggiungerà l’eternità attraverso il momento.” Si, come sempre Henri Cartier-Bresson, ci ha preso! Quando si è felici è istintivo il desiderio di rendere eterno ciò cheprovi. Affidarsi alla sola memoria può essere pericoloso e così siscattano le istantanee dove, spesso, non si pensa all’inquadratura,bensì a catturare il momento. E neanche io, come i ragazzi che hanno destato la mia attenzione, miesimo da cotanto desiderio. Ma improvvisamente però sento i ragazzi deltavolo dire: “dai, facciamone un’altra, così la mettiamo su facebook!” |
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lunedì, 16 novembre 2009 |
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Un bagno d’umiltà. Ecco quello che mi accadde qualche mese fa. Mi ritrovai, casualmente, a nuotare nel fiume dei valori. Io, tutto preso dal vortice della vita quotidiana, fatta di rancori, invidie, litigi, lotte per futili motivi, contrasti per interessi, inaspettatamente fui spinto, tutto vestito, in acqua. Dapprima annaspai, poi pian piano trovai il tempo della giusta bracciata. Nuotai, controcorrente, osservando le sponde del fiume. Fui attratto da una macchia rossa. Mi spostai in quella direzione. Uscii dall’acqua. Riconobbi un Vigile del Fuoco. Già un Vigile. Solo pochi giorni prima uscimmo, saltando di gioia, dalla stanza del Comandante. Eravamo riusciti a convincerlo a darci l’autorizzazione a svolgere un “lavoro fotografico” su di loro. Tutti gasati iniziammo a scattare. Ci assegnammo perfino dei turni “di servizio” per riuscire a coprire il maggior numero di giorni. Lavoro entusiasmante, affascinante. Corse a sirene spiegate, aperture porte, soccorso a persone, incendi. Tutto bello. Tutto troppo bello. Poi improvviso calò l’angelo della morte. Risuonò l’allarme. Tutti partirono per Giampilieri e Scaletta Zanclea. Li seguii.Mi investì l’odore acre della paura, il sapore salato delle lacrime, l’assordante silenzio della disperazione. Le scarpe mi affondarono nel fango. Attorno a me solo distruzione. Mi sentii tirato per i capelli dalla mano dei ricordi. Allora, giovanissimo militare di leva, fui inviato negli scenari del terremoto dell’irpinia. Stesse immagini. Morte e distruzione. Ricaddi nel fango peloritano tra un nugolo, organizzato e efficiente, di Vigili del Fuoco. Mi ricordai di essere un fotografo. Iniziai a scattare. Con rispetto. Li vidi sollevare a braccia enormi massi, nuotare nel fango, oppure in totale silenzio ascoltare ogni minimo rumore. Li vidi darsi il cambio, per ore, ogni 10 minuti per scavare in spazi ridottissimi. Io insieme a loro. Con la mia macchina. Porsi una mano, un Vigile l’afferrò. Lo aiutai a salire. Ci guardammo. Mi dette una pacca sulla spalla sinistra. Poi l’odore acre della morte. Una mano. Poi il braccio. Dopo tre ore fu estratto il corpo, con estremo rispetto. Continuarono a scavare. Fino a sera. Dopo arrivò il cambio. Altri Vigili continuarono. Ci ritirammo al campo base esausti. Mangiammo in silenzio. Come zombie ci buttammo sulle brande. Nessuno parlò. Non ebbi la forza di guardare gli scatti. Poco dopo mi ritrovai sulla riva del fiume. Mi tuffai e nuotai a favore di corrente. Mai come allora quelle acque furono tanto chiare, fresche e dolci per me. Mi riportarono alla ragione. Ampie e comode bracciate mi accompagnarono. Uscii dal fiume e tutto bagnato andai a casa. Scoprii che avevo perso quella scorza di indifferenza, cinismo ed egoismo. Gioisco di fronte ad un sorriso, un abbraccio. Mi emoziono davanti un segno di solidarietà. Mi entusiasmo dinanzi alla felicità. Piango al cospetto della sofferenza. La vita è talmente forte da sconfiggere la morte ma, altrettanto delicata, da essere spazzata via da alcune, innocenti, gocce di pioggia. Ora sono, forse, un altro uomo grazie alla fotografia. E’ una cosa talmente assurda ma dannatamente vera.Oggi, dopo tanto tempo, conservo nel mio cuore l’acqua di quel fiume. Licio LA ROCCA |
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