A conti fatti possiamo archiviare il capitolo Contest collocandolo nella colonna positiva.
Invero è piaciuto il carattere agonistico, competitivo, di sfida e, nel contempo l'occasione serena e pacifica di intercettare nuovi contatti, affrontare nuove tematiche e, sempre e comunque, confrontarsi, magari entrando in un dialogo di ricerca e di verifica; quindi approfondire e divertirsi.
Non mi sembra assolutamente poco: in un momento dove tutti si rifugiano in un mero conformismo trovare vitalità e novità in una "esercitazione" fotografica è assai importante.
Ciò detto, e sempre ricordando che occorre immettere forze fresche e tematiche nuove per restare con gli occhi vigili e la mente in tensione continua, si
può tentare un possibile bilancio della stagione non ancora conclusa per capire come si orienta nel gusto e nella valutazione il popolo acaffino.
A mio avviso, genericamente, preferisce ancora l'eterno bianco nero, di cui si fida di più in termini estetici e come modalità di connotazione dell'immagine e di gestione della fotografia (ancorché numericamente la prevalenza delle immagini pervenute va a favore del colore)
Preferisce il genere narrativo, sia tematico che artistico, laddove il fotografo e il suo sguardo sono gli assoluti protagonisti del risultato e il "cosa" fotografato si risolve in uno strumento per esprimere un'idea, una scoperta, un concetto, un ricordo, o altro ancora.
Preferisce che il messaggio implicito nelle fotografie sia chiaro, non alluso, né rimandato; non privilegia l'uso del linguaggio retorico e preferisce che la proposta risulti aperta e diretta.
Ama infine una estetica facilmente individuabile in punti concreti (composizione, esposizione, punto di ripresa) piuttosto che in raffinatezze fini a se stesse.
Ama che nell'immagine possa essere sottinteso un sorriso conciliante; non sopporta le provocazioni, le sgradevolezze e si adagia nel political correct.
Ama giungere, ahimè, rapidamente ad una valutazione e mal sopporta l'analisi e la motivazione che accetta solo in quanto suggerita e in quanto vi si riconosce.
La figuratività e la riconoscibilità di quanto ripreso dallo strumento è ancora un dogma da non trasgredire e poco concede alla trasformazione del reale percepito dagli occhi retinicamente.
La novità di quest'anno la ravviso in un timido, ma presente, tentativo di cominciare ad ispirarsi ai "grandi" della fotografia - paradossalmente per sfuggire a certo manierismo (regionalismo, identità mediterranea, etc.) - e nell'individuare le proprie scelte sub specie del genere preferito (paesaggio, ritratto, istantanea di cronaca cittadina).
Cosa augurare? Più approfondimento, più dibattito (e più umiltà); anche quello più acceso, anche quello che ci lascia con qualche occhio nero ma il sorriso del dialogo sempre aperto.
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