Sassi… che il mare ha consumato, sono le mie parole… (Gino Paoli)
In questa estate assolutamente per nulla caldo-afosa, ma per il sottoscritto enormemente carica di impegni, ritrovare il piacere ed il tempo di parlare e pensare alla fotografia è sempre cosa gradita.
Sono d’accordo con Pippo, sul diaporama, invero è da un po’ che lo andavo implorando.
La proiezione di sequenze fotografiche condite da una adeguata colonna sonora rispondono, a mio miserando parere, ad un’unica esigenza: spettacolarizzare l’immagine. Una serie di fotografie diventano così un godimento semi cinematografico che soddisfa la voglia di essere spettatori di qualcosa di bello, evitandoci il disaggio (di solito demandato ai soliti tromboni, come tu stesso li chiami) di dover esprimere un’opinione, di dover attivare il cervello, di dover epsrimere scomode verità.
Invero il diffuso atteggiamento di rifiuto dell’esercizio del cogitare sta diventando pericolosamente esteso nella nostra società.
Ecco, quando sono stanco ed ho voglia di rilassarmi e non pensare un film o un diaporama (magari di viaggio) sono l’ideale e li apprezzo per questo: non devo sforzarmi a capire, vedo luoghi e cose nuove e stimolanti, non devo sforzarmi troppo nel criticare. Bellissimo, perfetto… ma se diventa un’abitudine a forza di non pensare il cervello finisce con l’arrugginirsi e l’Alzheimer è in agguato dietro l’angolo alla mia età. Così sento la necessita di sforzarmi ogni tanto.
Per sforzarmi e fare dibattito, se non critica, occorre, come tu dici tenere le immagini ferme e scavare per un po’ nei contenuti e nelle idee. Solo chi è passato dal torchio della lettura portfolio può comprendere la differenza.
Un paio di annotazioni a questo punto: le fotografie stanno diventando sempre più prelievi fotografici, anche se stentiamo a riconoscerlo, sempre di più le fotografie sono fatte dal mezzo e sempre meno il mezzo è strumento di espressione di idee. Anzi queste (le idee) divengono via via sempre più latitanti. Com’è possibile, infatti, mi chiedo, mettere insieme 30-40 fotografie di altrettanti autori diversi e farne una mostra (N.B.: c’ero anche io nel mezzo) assolutamente omogenea. Tutti abbiamo scattato nello stesso posto, è vero, ma tutti nello stesso modo, con la stessa non idea (che poi è quella del prelievo fotografico), con la stessa tecnica (che poi è quella dettata dall’automatismo del mezzo). Ma dove sono le idee, dove le trovate, dove la narrazione soggettiva di una sensazione, di un pensiero definito? Dove l’espressione formale adeguata alla esemplificazione di un pensiero articolato?
La pratica fotografica diventa sempre più comune e automatizzata, se ciò che ci distingue dalle bestie è il pensiero, ciò che ci distingue dalla massa di riproduttori del reale è l’dea, l’invenzione, occorre sforzarsi in questo senso. La fotografia di viaggio è in questo senso, comincio a rendermi conto, il più semplice dei percorsi prestrutturati: non ho bisogno di alcuna idea, parto, cammino, fotografo, torno, mostro. Il viaggio è in se stesso giustificazione del mio fotografare, non devo aggiungere altro. In questo senso comincio a condividere il Tuo pensiero di fotografare dietro casa. Sia in casa che fuori però occorrono le idee: volete chiamarle progetto? Volete chiamarle trovate? Volete chiamarle capacità narrativa? Importante è che non siano le solite chiacchiere, ma che sia un messaggio, un pensiero articolato e significante, veicolato dal mezzo.
La critica.
Sottoporsi ad una critica può essere pesante, può ledere duramente la nostra autostima, può mortificarci nelle nostre aspettative, può farci vergognare di fronte agli amici, o anche tutto il contrario (che è sempre la nostra speranza).
Esprimere una critica è difficile, richiede di articolare un ragionamento, di motivare le proprie posizioni, con il rischio di essere fraintesi, di offendere chi si è offerto al nostro giudizio, ma anche di apparire insulsi, stupidi, incapaci di comprendere un’idea, un messaggio, inappropriati o non adeguatamente preparati al ruolo. Anche questo è un rischio.
Non sottoporsi alla critica, non riuscire a capire il messaggio di chi ci legge, cercare scuse inappropriate, rifiutare di accettare un commento negativo motivato e costruttivo, è stupido e limitante nella propria crescita fotografica.
Rifiutarsi di esprimere tale parere, non avere il coraggio delle proprie idee è vile oltre che stupido. Solo cercando di accettare, da una parte, e formulare, dall’altra, un giudizio, anche se sbagliato e riconoscendo i reciproci errori ci può essere una crescita o un arricchimento di idee.
Se un uomo non ha il coraggio delle proprie idee: o non vale niente lui o non valgono nulla le sue idee - Ezra Pound
Buone vacanze
Emanuele Canino
PS. se prima era uno, adesso siamo in due... a ballare l'alligalli?
|