“E lode al dubbio sia!”.
La confidenza del tuo saggio amico, personalmente la trovai, ai tempi della mia adolescenza, nel titolo di una poesia di Bertolt Brecth: confesso che tante volte tale assunto mi ha bloccato nell’agire quotidiano, ma, devo riconoscere, mi ha trattenuto dall’istinto di cercare delle certezze ad ogni costo magari per fuggire dal “disagio” e “dall’inquietudine”.
Conseguentemente, proprio queste due esperienze (disagio e inquietudine) non sono state viste più come elementi di difficoltà a crescere e progredire ma come poli di una dialettica storica ed esistenziale necessari per raggiungere nuove consapevolezze e capacità di discernere le vere necessità e i veri bisogni.
Ma di tanto è sottesa tutta la tua riflessione, la quale, peraltro, è in consonanza col sentire dei professionisti (“la fotografia sta bene, i fotografi un po’ meno”), dei circoli fotoamatoriali (ogni raduno nazionale ha, infatti, come denominatore comune “a che punto siamo con la fotografia?”), e delle organizzazioni più capaci di indagare il fenomeno e tentare di ordinarlo (vedi il convegno di Forma di qualche anno addietro, in Milano, pubblicato da Contrasto, col titolo “La situazione della fotografia in Italia”.)
Ma, al mio appello (informarsi di più, studiare di più), fai corrispondere, magari in virtù dei tuoi studi, alcune note di amarezza che, alla faccia del dubbio, collimano con lapalissiane intuizioni, tradotte, poi, in denunce precise e articolate, idonee a individuare momenti di crisi, di stagnazione e assenza di vivacità.
Riscontro allora i tuoi appunti:
L’editoria – da tempo non c’è una proposta editoriale specifica (i tempi di Camera e di Fotologia sono tramontati); supplisce il web? in maniera poco incisiva e, personalmente, trovo ristoro solo nelle riviste alle quali collaboro.
Un prodotto editoriale risponde, però, a una domanda: c’è questa domanda e come si può soddisfarla in un periodo di crisi economica?
La tua denuncia è correttissima ma negli anni addietro è stato pubblicato tanto di quel materiale che attende ancora di essere conosciuto e alaborato (quasi il cento per cento dell’ultimo libro Einaudi dell’eccellente Valtorta è stato da lei medesima e da altri anticipato anni fa con dovizia ed eccellenza).
I professionisti – Chi sono, hanno delle scuole, un registro professionale, avvertono il senso civico, politico del loro agire, della loro funzione? E’ sufficiente la gloria del Premio internazionale a qualificarli? Come li distinguiamo dai geografi, dai giornalisti, dai narratori e via dicendo?
La tecnologia - ancora attendo di frequentare una scuola dove mi s’insegni a “guardare” prima ancora che a fotografare. Quando la troverò, e se sarò promosso, allora, sarò contento di poter disporre della più varia e ricca tecnologia.
L’intelligenza artificiale dei computer – basta riconoscerla e saperla distinguere da quella reale.
Ma, forse, l’amarezza che credo di riscontrare non è provocata dal constatare che queste esperienze esistono nel mondo davanti ai nostri occhi, ma nel dover riconoscere che c’è un atteggiamento poco reattivo, critico, cognitivo, consapevole, e proprio da parte di chi sbandiera la fotografia come strumento di analisi e di comprensione, precludendogli, sul nascere, ogni spazio utile a svilupparne le risorse e i progetti realizzabili.
Invero, devo riconoscere che il mondo, fotoamatoriale e no, marcia secondo proprie e discutibili esigenze, e con ritmi e motori differenti.
Ritengo, sommessamente e con umiltà, che dobbiamo lottare (dico lottare) affinché il nuovo, la diversità, l’insolito non siano visti con diffidenza ma ascoltati e confrontati.
Ti propongo (ma so benisimo di volerlo proporre a tutti coloro che attendono e intendono ascoltarci) di rivedere le tue considerazioni alla luce della celebre distinzione tra fotografi mirrors e fotografi windows; e dopo, magari, tra fotografi interessati a capire ciò che sta davanti all’obiettivo e fotografi interessati della natura dell’obiettivo, del perché si è arrivati allo strumento e si è cercato di farlo parlare.
In ogni caso: “Chi vuol essere lieto, lieto sia, di diman non c’è certezza”. ….. cantava Lorenzo il Magnifico.
Ma noi cerchiamo piccole certezze in quadratini di carta e, ogni tanto, le troviamo.
E, poi, solo poi, sia lode al dubbio.
|