Bruno Boudjelal (1961)
Fotografo francese, di padre algerino. La sua infanzia travagliata diviene determinante nella sua formazione come uomo e come fotografo.
Determinante per
Bruno Boudjelal, la decisione presa nel 1993 di andare in Algeria a ricercare le proprie origini. Da allora il rapporto con l’Africa è sempre presente nella sua vita anche professionale. Alla ricerca della sue origini conobbe in Algeria i suoi familiari e la loro vita; approfondì e fotografò fino ad arrivare nel corso degli anni e dei successivi viaggi a documentare l’intera società Algerina.
Uno dei suoi lavori più importanti è appunto,
“Jours intranquilles, chroniques algériennes d’un retour” è composta da tre parti:
“Les Voyages à Sétif”, “Bentalha, les lieux d’un massacre” e
“L’Algérie d’Est en Ouest”.
Lo stile fotografico di
Bruno Boudjelal potrebbe essere definito senza grandi margini di errore quanto meno
“intuitivo”. Apparentemente poco attento alla composizione, assolutmante indifferente alle regole tradizionali della fotografia quali fuoco, orizzonte in bolla, soggetti interamente nel fotogramma, egli fotografa in bianco nero ed a colori, secondo delle necessità espressive che ritiene necessarie, optando per l’uno o per l’altro di volta in volta.
Il suo risultato è una fotografia disordinata, molto complessa, apparentemente
“sbagliata”, molto intima guidata dal
“sentimento allo stato puro”, che lascia spazio all’interpretazione di chi guarda. Il suo lavoro deliberatamente spinge sempre il limite di ciò che dovrebbe essere universalmente riconosciuto come
“accettabile fotografia”. Un gioco verso il continuo andar oltre, superare il lecito, oltrepassare l’accettabile.
La sua fotografia pone quesiti precisi riguardo la necessità o meno di avere fotografie nitide, a fuoco, in bolla o ben costruite. Sono temi oggi ampiamente dibattuti, spesso discussi e quasi abusati che generano grande interesse sia a livello teorico che a livello espressivo, in fase di scatto.
La ricerca ed il modo di esprimersi di
Bruno Boudjelal, sembra inutile dirlo, non è casuale ma intenzionale, trattandosi di un fotografo professionista contemporaneo molto apprezzato e ben capace di fotografare in modo “tecnicamente ineccepibile”; eppure la sua ricerca del limite lo porta ad un linguaggio a mio giudizio molto più convincente, comunicativo e coinvolgente, rispetto ai suoi lavori per così dire di “fotografia tradizionale”. Questo
“modo” di fotografare lo contraddistingue sin dall’inizio della sua fotografia, sin dal 1993 appunto. Tutto ciò a mio avviso dovrebbe far riflettere sul significato di linguaggio, sul senso di comunicare e sulla capacità di trasmettere una parte di se stesso attraverso ogni singola immagine, che ogni fotografo (di qualunque livello) dovrebbe ricercare nel suo modo di operare.
Ha pubblicato i suoi lavori in riviste francesi, tedesche, inglese e belghe ed è attualmente membro della Agency VU.