Luca Crippa - Maurizio Onnis
Il fotografo di Auschwitz
Edizioni Piemme €14,90
Brava la nostra Mary Indelicato ad intercettare il link che ha collegato il nostro sito a quello di Michele Smargiassi e ci ha messo in contatto con questo libro.
Si, ad Auschwitz nell'inferno della ragione e nella cancellazione di ogni umana dignità. è esistito un fotografo, un ufficio fotografico, anzi, uno studio di fotografia con tanto di prodotti Agfa e di ottiche Zeiss, tutta tecnologia tedesca e di alta avanguardia. I tedeschi, infatti, provarono a fotografare ogni loro vittima, per documentare il lavoro ben fatto e non certo per trattenerne il ricordo.
Il fotografo, morto recentemente, era il giovane polacco Wilhelm Brasse, che era finito in campo di concentramento per aver voluto mantenere la sua cittadinanza polacca e quindi, essersi rifiutato di combattere per i tedeschi. Si salvò solo perché capace con lo strumento fotografico.
Il libro scritto da Luca Crippa e Maurizio Onnis, è fondato sulle interviste concesse dal nostro fotografo alla TV americana ed è articolato, in forma romanzata ma veritiera e drammatica, sui documenti e sulle testimonianze d'epoca.
Il risultato è un qualificante punto di vista sui campi di sterminio, attraverso l'occhio di un fotografo che raccoglie sembianze prima che diventino fumo.
E nel contempo è una domanda sul suo lavoro, sugli occhi che guardano e sono guardati, sulla violenza degli sguardi e di tanti dialoghi muti.
Ad Auschwitz il prigioniero che disponeva di uno strumento fotografico era un prigioniero morto. Gli altri fotografarono e, nonostante i divieti e le distruzioni prima della liberazione dei campi, sono rimaste tantissime testimonianze ancorché di non sempre facile interpretazione e lettura.
Su queste immagini Hubermann ha condotto una delle più raffinate riflessioni chi io abbia mai letto (v. in questa rubrica); e anch'io sono convinto che, alla fine, l'obbrobrio dell'umanità, forse, non si può rappresentare e per quanto proviamo ad affidare ad un pezzo di carta l'ardua difesa della dignità del reale, l'impresa appare difficile, tristemente e infelicemente difficile.