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Chiacchierando con Pippo
“Ho invitato un amico al bar… “ (parodiando Gino Paoli)
COSA:
Deve esserci un bar, oppure deve esserci stato nel tempo passato, o da qualche parte; e
deve essere un tavolino, non un tavolo, o una mensola, o un ripiano, ma un tavolino
ovvero quell’apparato che ha almeno tre piedi e un ripiano, tondo o quadrangolare non
importa.
Spesso, (anche qui, non importa, ma se ci sono, funziona meglio), il tavolino non è mai
solo: accanto, vi sono delle sedie del medesimo stile, e magari c’è un ombrellone, e
qualche vaso ornamentale.
Il tavolino, quindi, può non essere solo, può avere dei colleghi, dei fratelli, e occupare
l’angolo di un giardino, di un salone, di un cortile, di un patio, di un incrocio, di un piazzale.
Spesso proprio quel tavolino rende questi spazi agibili, vivibili, accoglienti e disponibili (ma
ho visto tavolini anche sull’orlo del cratere etneo.)
Il tavolino può avere un suo stile, una sua storica dignità, un suo disegno, un suo
carattere: durante i vostri viaggi, ma anche nei vecchi bar dei paesini etnei, vi sarà capitato
di vedere degli storici tavolini come quelli austro ungarici dei caffè di Trieste, del caffè
Greco a Roma, di Rivoire in Firenze, o quelli raffinati del Gambrinus a Napoli, o del
Pedrocchi di Padova, o al Florian di Venezia, o al Biffi - Galleria a Milano; ma sono
bellissimi anche quelli di Condorelli in Acireale o di Urna in Viagrande (se ci sono ancora).
A che servono i tavolini? A farsi i selfie, d’accordo; a collocare i posacenere, d’accordo. E
poi? A posare le ordinazioni, a consumarle, a reggere la borsetta con i trucchi delle
signore, i giochi del bambino, il biberon del neonato, il giornale di chi inganna l’attesa, il
cappello che non sai dove mettere.
Ma anche il caffè, il tè, la tisana, la granita, la bibita, la brioche, il gelato che hai ordinato, e
via discorrendo.
E accanto, e vicino, nei pressi del tavolino, cosa c’è, chi ci sta?
Ci sta il compagno, l’amica, la fidanzata, il genitore, la vecchia nonna, il turista, il
perditempo, lo scocciatore, l’importuno, il gagà, il gigolò, il dandy, il cameriere esperto, la
cameriera solo prosperosa, chi attende la mancia, chi ha scambiato l’ordinazione, chi te
l’ha buttata addosso, chi ti guarda, chi gioca, chi sogna.
Ci sono tavolini per interni e per esterni, tavolini indiscreti e tavolini “separati”, tavolini per
vedere e tavolini per farsi vedere, tavolini riservati e tavolini in eterna attesa, tavolini
arredati e tavolini spogli, tavolini usati da gente solitaria e tavolini usati da comitive
straripanti, tavolini che aspettano e tavolini che sono stati abbandonati, tavolini che
lavorano sempre e tavolini in eterna attesa, tavolini al sole e tavolini in romantici notturni,
tavolini fermi e solidi e tavolini instabili e tentennanti, tavolini in disuso e tavolini impilati
uno sull’altro in surreali composizioni, tavolini al mare, sui prati, sulla sabbia e c’è un
tavolino nei vostri pensieri, come un’idea, un concetto da esprimere, da rappresentare.
COME:
Di giorno, di notte, dall’alba al tramonto, narrando la storia di un tavolino e della sua
“compagna” sedia o dell’”amante” tovaglia, documentando la sua fattura, il suo disegno, la
sua età, la sua utilità, la sua bellezza.
Da vicino, da lontano; stavolta la migliore otica è davvero quella di cui disponete in quel
momento.
Dall’alto, dal basso, dall’ltezza degli occhi del neonato che dorme, del cagnolino che
aspetta, del bambino che ha sempre fretta, dei fidanzati che non se ne vogliono andare,
del vecchio che si è addormentato, della vecchina che vi guarda nostalgica dal balcone
sovrastante.
Tavolini, pertanto, che avete Isolati nella loro identità, utilità, strumentalità, nella loro
necessaria presenza. Declinandoli nell’insieme dell’arredo urbano, nel convivere civile,
magari pensando alla vecchia pubblicità del Cynar e ad Ernesto Calindri che sorseggiava
il suo aperitivo, seduto ad un tavolino, al centro di un incrocio stradale, epicentro della lotta
“contro il logorio della vita moderna”.
Inventandovi un set dove far vivere la vostra idea, la vostra immagine anche se il tavolino
(ma da bar) sta ornai nella vostra stanza da letto o nel vostro bagno.
PERCHE’?:
Perché siamo fotografi di street? E perché no?
Perchè ci piacciono le istantanee?
Perché rifuggiamo la posa non spontanea e poco genuina?
Perché il tavolino è un “ intervallo” tra cose, magari, troppo serie?
Perché il tavolino è già antipasto, l’inizio di un gossip, l’anticipo su un momento di
leggerezza, magari un corteggiamento?
Perchè siamo nel Sud?
N.B.: Niente telefonini o i.pod nei dintorni di un onesto tavolino da bar.
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