Il dibattito si è aperto.
Preferirei che l'e.mail divenissero contributi in questo sito affinchè tutti partecipassimo all'approfondimento anche, con poche parole.
Mi è stata chiesta una "riflessione" sulle "città nascoste" che concludono il magnifico libro di Italo Calvino (Le città invisibili):
certamente nel dialogo tra MarcoPolo e Kubilaj Kan c'è l'invito a scoprire e raccontare come penetrare e svelare la natura delle città; ma, e voi lo sapete già, rimanete avvertiti che quel libro è uno strepitoso gioco letterario laddove l'intento combinatorio della scrittura prevale sul desiderio di conoscere la visibilità della città; se convenite, quel libro è una dichiarazione d'amore rivolta a ciò che non sono più le città.
La mia opinione è personale e discutibilissima. Comunque apprezzabile rimane la vs. volontà di progettare muovendo da una così colta premessa.
Ricordatevi, però, il pessimismo racchiuso nelle ultime parole del libro:
"L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme.
Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e approfondimento continui: cercare e sapere riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è l'inferno, e farlo durare, e dargli spazio"
Ma quest'ultima "riflessione" ci sta portando lontano.
E noi dobbiamo, ancora, iniziare a contare per il nostro "ammuccia, ammuccia"
(continua)
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