Completiamo, sulla scorta delle indicazioni emerse ieri sera, martedì 26 novembre, grazie agli utilissimi e preziosissimi contributi dell'amico Francesco Licandro, la nostra ricognizione sulla personalità fotografica di Robert Frank.
Ci viene in soccorso il pensiero di Claudio Marra per chiarire la presunta contrapposizione (sulla quale - v. sopra - ci avvertiva l'amica Simona Franceschino) tra il nostro fotografo e H.C.B.
Laddove quest'ultimo fondava su una sorta di implicito ossimoro la sua teorica ( il concetto di temporalità, lo scorrimento della vita, il suo fluire ininterrotto, troverebbero nell'individuazione di un "momento", un arresto capace di sintetizzarne il significato ultimo, attraverso l'individuazione di una formalità ineccepibile, sublime, assoluta) il nostro Frank scompaginava questo assunto sostituendo ai "momenti decisivi" i momenti "in between" (perchè non è possibile, a suo dire, pensare la vita come un insieme di fatti eccezionali nei quali si concentra il senso profondo ed autentico delle cose). Di conseguenza non ci sono significati da cercare e i fatti che vediamo pongono talmente tante interpretazioni e talmente tanti significati che è come se non avessero.
Tanto acclarato, bisogna riconoscere che Frank predica bene (anzi benissimo) quando difende il suo "individualismo" che è poi il suo sguardo che mai si risolve in un istante meramente meditato, calcolato, programmato, formalizzato ma in un gesto empatico, sempre benevolente, sempre testimone di un bisogno di relazione oltre che di conoscenza.
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