“Mettete dei fiori nei vostri cannoni …”
Per me non era il titolo della simpatica canzone che il complesso dei “Giganti” aveva presentato tanti anni fa.
No. Per me era, e sarà sempre, la fotografia più famosa di Marc Riboud, quella celebre immagine che in effetti passò alla storia come “la jeune fille à la fleur.”
Correva l’anno 1968 e tutto sembrava trasformarsi in icona: le belle ragazze, i nostri giochi, le nostre preghiere. Anche le nostre paure.
Il Vietnam ci stava trasmettendo terrore, e quel gentile gesto di una diciassettenne americana - Jean Rose Kasmir - di fronte alle baionette dei soldati ci sembrò di un’intensità assolutamente nuova e ardita per le nostre adolescenze.
Avremmo ben presto capito che altre esperienze ci attendevano.
Ma Marc Riboud in quel momento esprimeva il nostro sentimento come avevano fatto tanti fotografi prima di lui, e come sempre avevano fatto quelli della Magnum di cui lui sarà negli anni interprete magnifico. Interprete di quel credo intriso di testimonianza storica, fiducia nell’umanità, consapevole dignità e, ancora, coraggio, professionalità e ineffabile ironia.
Giorno 30 agosto u.s., a novantatre anni, Marc è morto.
Ho accolto la notizia con dispiacere e tenerezza: quasi un invito a rimuovere dalla parete le immagini di quegli anni che sono la mia giovinezza: i Kennedy, Luther King, Papa Giovanni, i Beatles, Jan Palach, Sandro Mazzola.
Ma, se sono rimaste attaccate per "non" dimenticare il tempo che è pur passato allora non sposterò niente: continuerò ad essere grato per questa fotografia ingenua e potente.
Se mi state leggendo cercate di Marc Riboud, anche su Wikipedia, e cercate i suoi libri: potreste imbattervi nell’amico che stavate cercando; di sicuro vi ritroverete in un tempo in cui “il faut respirer” ma la “la fantasie c’etait au pouvoir!”