Ancora futurismo
Facciamo un passo indietro torniamo al futurismo.
Cluadio Marra osserva che la ragione dell’indubbia indifferenza verso la fotografia da parte dei futuristi, sia stata generata essenzialmente dal fatto che a differenza della cinematografia, essa all’epoca inseguiva la realtà senza riuscire a staccarsi da essa. La fotografia infatti
“in quanto priva di movimento, non poteva essere innanzi tutto considerata linguaggio, di conseguenza, non essendo linguaggio, non poteva neppure vantare alcun diritto di riconoscimento artisitco”.
(Claudio Marra “Fotografia e Pittura nel Novecento”)
Esiste chiaramente un eccezione. All’interno del futurismo, seppur di breve durata si fece largo il
“fotodinamismo” di Anton Giulio Bragaglia ed i suoi due fratelli. Nel 1913 dichiara la messa al bando della fotografia, quando
Boccioni fece pubblicare anche a firma di
Carrà, Russolo, Saverini, Balla e Soffici una vera e propria presa di distanze rispetto al fotodinamismo:
“data l’ignoranza generale in materia d’arte, e per evitare equivoci, noi pittori futuristi dichiariamo che tutto ciò che si riferisce alla fotodinamica concerne esclusivamente le inovazioni nel campo della fotografia. Tali ricerche puramente fotografiche non hanno nulla a che fare con il Dinamismo plastico da noi inventato, nè con qualsiasi ricerca dinamica nel dominio della pittura, della scultura, dell’architettura”. La fotodinamica lascia comunque un contributo molto importante dal punto di vista della sperimentazione del movimento e del mosso. E’ provato e scritto come
Boccioni respingesse ogni tipo di legame tra fotografia e pittura futurista, ma di fatto anche
Bragaglia riconosceva la difficoltà di accostarsi al futurismo con la fotografia, tant’è che lui stesso nel 1911 scrive che l’unico modo per poter eguagliare la fotografia alle altre arti è superare
“la pedestre riproduzioni fotografica del vero immobile fermato in atteggiamento di istantanea”. (Giovanni Lista “Cinema e Fotografia Futurista”)
Nel tentativo del fotodinamismo, l’interesse per il mosso e per il movimento, non è di carattere scientifico-cronofotografico come quello di
Etienne Jules Marey o di
Eadweard Muybrudge (che peraltro erano ben noti al
Bragaglia e compagnia), ma avevano certamente un interesse di carattere estetico. La cronofotografia di Marey registra il movimento in immagini istantanee successive, e non in un unica istantanea. Bragaglia stesso scrive:
“fotografia del movimento (...) basata sulla traiettoria dello spostamento di un corpo nello spazio e non sull’analisi delle sue varie fasi cinetiche come avveniva nelle immagini del fisiologo francese” dunque la fotodinamica “vuole rendere solo l’impressione psichica di un gesto evocandone in sintesi la traiettoria”. Bragaglia invece ricercava una sintesi di un’azione che si svolge nel tempo e che possa essere rappresentata nella sua sintesi, tutta in un unico fotogramma. Le fotografie di
Bragaglia si distinguono allora dalle altre foto, si avvicinano al cinema, ma si differenziano anche dal cinema per il semplice motivo che i film conducono l’osservatore da uno stato all’altro ma senza preoccuparsi di ciò che avviene nel mezzo.
(Op. Cit. Giovanni Lista)
Nel 1930
Marinetti e Sansoni ricompomngono lo strappo generato da
Boccioni e Balla con
Bragaglia firmando con grande ritardo il manifesto della Fotografia Futurista:
“ (...) le amorose e violente compenetrazioni di oggetti mobili o immobili; la sovrapposizione trasperente e semitrasparente di persone e oggetti concreti e dei loro fantasmi semiastratti con simultaneità di ricordo sogno; la compenetrazione organica dei diversi stati d’animo di una persona mediante l’espressione intensificata delle più tipiche parti del corpo (...)”.
Successivamente al manifesto, oltre a
Bragaglia anche Masoero, Pannaggi, Paladini e Cernigoj, fonirono il loro contributo fotografico al futurismo, con ulteriori naturali sperimentazioni rispetto al fondatore del Fotodinamismo.