Eh... certo che ti ho capito, altrimenti che compagno di viaggio sarei!!! ...ci mancherebbe!
Proviamo adesso a riprendere il concetto iniziale…
Il punto di partenza era più o meno questo. Riporto quanto già avevo scritto.
“L’ errore cercato, e voluto, può essere inteso quindi come rivelazione, allontanamento dai codici, da condizionamenti e da sovrastrutture che può espletarsi in un luogo imprevedibile, nell’ambito del quale l’unico codice incancellabile è la possibilità concessa al nostro sguardo di perdersi in un cammino che porta ad esplorare campi d’esistenza diversi rispetto a quelli definiti in apertura”.
Attenzione alle regole dunque. A tal proposito ed a dimostrazione che le regole sono sempre esistite sin dagli albori della fotografia, vi ricordo che ad inizio secolo esistevano codici e scritti che riportavano come da evitare alcuni tra gli errori più comuni in fotografia. Una sorta di prontuario del buon fotografo, di galateo della fotografia, o se vogliamo in alcuni casi di parodia del fotoamatore già stereotipato. Questi codici si rifacevano ad errori più comuni che come sempre avevano come esempio l’inesperto (perché lo debba essere poi non si capisce) e maltrattato fotoamatore.
Tra gli errori più frequenti di inizio XX secolo annoveriamo quindi:
- la presenza dell’ombra del fotografo all’interno del fotogramma;
- i riflessi;
- il mosso;
- la doppia esposizione “dovuta ad una cattiva pulizia della lastra di vetro prima della successiva fotografia;
- l’effetto flou ed il fuori fuoco;
- il sovra esposto od il sotto esposto;
- la presenza di un corpo estraneo tra il soggetto e la lastra o la superficie sensibile;
e così via.
Una volta assimilate le regole di cui parlavamo in apertura, e riconosciute come tali, solo chi non è avvezzo o non abbastanza pratico della materia può cadere nel tranello e commettere tali errori. O forse sarebbe meglio dire che solo chi non sa che tali situazioni e circostanze riscontrabili in fase di scatto o di sviluppo non sono ammessi, conserva la provo della sua ignoranza mostrandola pure in giro. Il professionista del tempo, preferisce eliminare le prove di tali errori e mantenere la propria reputazione professionale integra. Tutto ciò, evidentemente come detto, finchè qualcuno non si rende conto che tutto ciò rappresenta un limite per la fotografia stessa. Attraverso la sperimentazione più o meno cosciente dei fotoamatori, decide così di sperimentare a sua volta facendo dell’errore virtù e razionalizzando o poeticizzando l’errore.
Da questi momenti storici, alcune regole decadono, ed alcuni “errori” diventano precise tecniche fotografiche, linguaggi espressivi, poetica, etc.
Questo articolo sull'errore dell'"autombra" del fotografo intesa ovviamente come errore risale - badate bene - al 1901 (praticamente avrebbe potuto parlarne il mio bisnonno)... eppure quante volte ne avete sentito parlare ancora oggi, come qualcosa di scandaloso, che non si fa? Sarà curioso, come faremo ripercorrere la strada sino ai tempi di oggi e verificare che cosa ne è stato di questa idee e concezioni, oltre che stabilire se e come sono state seguite, disattese o reinterpretate da grandi fotografi (e meno grandi, ma di sicuro valore) fino ai giorni nostri... Quindi d'ora in poi, mi raccomando: OCCHIO ALLE DATE!!!