Torno alle due foto citate nel post precedente.
Credo sia importante sottolineare alcune differenze.
Partiamo dalla fotografia di
Laszlo Moholy-Nagy, che riporto da una scansione tratta sempre dal nostro testo
“L’errore fotografico”. La fotografia è datata tra il 1926 ed il 1928.
Consideriamo che in quel periodo, come detto, inserire l’ombra all’interno di una fotografia era considerato un grave errore, tipico del mondo amatoriale. Bene l’intelligenza di Laszlo stava nel riconoscere nell’ambiente amatoriale la possibilità genuina dell’esplorazione. L’amatore poteva sin da allora immaginare una Fotografia alternativa, lontana dalle regole. Laszlo a testimonianza del suo interesse per l’errore (come detto più del medium utilizzato che per il soggetto ritratto, ossia più per il
“come” che per il
“cosa”) scriveva che:
“il nemico della fotografia è ciò che è convenzionale, sono le rigide regole delle istruzioni per l’uso. La salvezza della fotografia sta nella sperimentazione. Colui che sperimenta non ha idee precostituite sulla fotografia. Non crede che la fotografia, come si pensa oggigiorno, sia la ripetizione e la trascrizione esatta della vista ordinaria. Non pensa che gli errori fotografici debbano essere evitati; sono errori banali solo da un punto di vista storico convenzionale”. (op. cit. L’errore fotografico p. 63)
Partendo da questi presupposti Laszlo inseriva spesso la propria ombra all’interno del fotogramma, proprio al fine di ricordare che la fotografia non è una registrazione meccanica della realtà, ma che essa obbedisce alla volontà dell’operatore che gli sta dietro. Tale operatore dispone di un proprio pensiero ed una propria volontà, pertanto se egli decide di includere un’ombra all’interno dell’immagine, tale volontà deve essere rispettata e quanto meno riconosciuta.
Nel caso della fotografia proposta, l’ombra del fotografo al centro del fotogramma insieme a quella della foto, è volutamente composta all’interno del fotogramma proprio a ricordarci che non esiste solo la luce e che la luce può esistere proprio grazie all’esistenza dell’ombra. Ecco allora che, l’errore ombra in fotografia per Laszlo ha la stessa dignità degli altri elementi che compongono la realtà ed anch’essa si tramuta in un segno. Questo particolare segno denuncia per di più l’esistenza del fotografo, della sua volontà e del suo pensiero. Attraverso il mezzo meccanico, il fotografo rappresenta una qualsivoglia realtà, che funge dunque quasi come da pretesto.