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Re:RIFLESSIONI SUI RIFLESSI (1 in linea) (1) Visitatore
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Discussione: Re:RIFLESSIONI SUI RIFLESSI
#7905
alb.o (Utente)
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Re:RIFLESSIONI SUI RIFLESSI 11 Anni, 4 Mesi fa Karma: 2  
Grazie Pippo....

Altro autore che ha affrontato il riflesso è Olivier Follmi.

da altro forum (...)
"Lui spesso immagina un suo mondo, ricco di misticismo, fatto di elementi diversi legati ad un luogo, ed alla tradizione storico-culturale del luogo in cui realizza il suo progetto. Lui è capace di organizzare intere spedizioni allo scopo di realizzare una sua precisa fotografia, una sua visione che non ha necessariamente il compito di documentare un luogo, ma più semplicemente di trasmettere una condizione, un’emozione. Da una sua precisa idea, legata si al luogo, ma anche ad uno stato mentale od ad uno stato d’animo, nasce un’immagine che di fatto lui “vive” in prima persona, dal concepimento fino alla possibile commercializzazione. Riprodurre un sogno è cosa ben diversa dal documentare una realtà. Un sogno per definizione sta su un piano diverso dal reale. Riproponilo anche con onestà, libero da ogni visione o pregiudizio, slegato da concezioni turistico iconografiche, ma sempre un sogno resta e come tale esente da qualunque regola etico morale, da qualunque canone legato agli strumenti da utilizzare per ricreare qualcosa che prescinde dal reale".
(...)

In uno di questi sogni, Follmi costruisce un ballo, un ballo ed il suo riflesso... Eccellente la sua stessa descrizione dell scatto che segue dal titolo "tango tra le nuvole" (la descrizione della spedizione sta su “Consigli di un fotografo viaggiatore”).




I soggetti sono stati portati in quel luogo al fine di realizzare una magia, una favola, un sogno, un sentimento…

Alla prossima Riflessione!!!

Alberto
 
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Ultima Modifica: 2013/08/26 14:02 Da alb.o.
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#7908
alb.o (Utente)
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Re:RIFLESSIONI SUI RIFLESSI 11 Anni, 4 Mesi fa Karma: 2  
Paolo Pellegrin (1964)


Fotografo italiano, legato all’agenzia Magnum dal 2001 e membro effettivo della stessa dal 2005, dopo che dal 1991 and 2001 rappresentato dalla Agence VU.

Nato a Roma nel 1964 abbandona gli studi senza conseguire la laurea in Architettura durante il terzo anno di corso. Riconosciuto come uno dei maggiori fotoreporter di guerra collabora con testate giornalistiche quali Newsweek e New York Times magazine. È stato insignito di numerosi premi, tra cui la Robert Capa Gold Medal (2006), lo Eugene Smith Grant in Humanistic Photography (2006), l'Olivier Rebbot for Best Feature Photography (2004), la Leica Medal of Excellence (2001), otto World Press Photo tra il 1995 e il 2007.

I suoi libbri: "100 Photos of Paolo Pellegrin for Press Freedom" (Reporters Sans Frontières, France, 2013); "Paolo Pellegrin" (Kunstfoyer der Versicherungskammer Bayern 2012); "Dies Irae" (Contrasto, Italy, 2011); "Photo Poche" (Actes Sud, France, 2010); "As I Was Dying" (Actes Sud, France, 2007); "Double Blind" (Trolley, 2007); "Kosovo 1999-2000": "The Flight of Reason" (Trolley, USA, 2002); "L'au delà est là" (Le Point du Jour, France, 2001); "Cambogia" (Federico Motta Editore, Italy, 1998) e "Bambini" (Sinnos, Italy, 1997).

“I'm more interested in a photography that is 'unfinished' - a photography that is suggestive and can trigger a conversation or dialogue. There are pictures that are closed, finished, to which there is no way in”.




Direi che ciò che viene rappresentato da un riflesso è certamente quasi per definizione quanto di più effimero possa immaginarsi, conseguentemente in un riflesso si racchiude certamente ciò che è "unfinished" di cui Pellegrin parla ed a cui si ispira alla ricerca delle sue foto "aperte"! Un riflesso non può essere chiuso e fine a se stesso, ma è certamente portatore di ambiguità di ulteriori necessari approfondimenti, ha bisogno diun prima e di un dopo! Un riflesso è certamente un riflessione su una verità trasfigurata, è un chiaro riferimento tra ciò che sta avanti e dietro la fotocamera... Wim Wenders sosteneva che una foto non è solo ciò che sta innanzi all'obbiettivo, ma in una foto sta anche la personalità di chi la scatta è un filo conduttore tra l'identità del fotografo ed il luogo e la storia ripresa, stranamente Wenders lavora poco sui riflessi, anzi in alcune sue opera gira delle scene senza vetri, a partire da considerazioni su dipinti di Hopper suo "patron" ispiratore... ma inizio a divagare, questa è un'altra storia...

Saluti
Alberto
 
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Ultima Modifica: 2013/08/26 14:15 Da alb.o.
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#7909
alb.o (Utente)
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Re:RIFLESSIONI SUI RIFLESSI 11 Anni, 4 Mesi fa Karma: 2  
Curioso come in questo caso, "l'istante decisivo" sia strettamente legato ad un riflesso!
 
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Ultima Modifica: 2013/08/26 14:19 Da alb.o.
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#7910
alb.o (Utente)
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Re:RIFLESSIONI SUI RIFLESSI 11 Anni, 4 Mesi fa Karma: 2  
oops, qualche problema nel caricamento del file!



eccolo: Henri Cartier Bresson (Derriere la Gare Sait Lazare), ne parlavo in apertura, ma la foto e l'autore sono talmente noti...
 
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Ultima Modifica: 2013/06/12 17:53 Da alb.o.
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#7911
alb.o (Utente)
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Re:RIFLESSIONI SUI RIFLESSI 11 Anni, 4 Mesi fa Karma: 2  
William Eugene Smith (1918)

Fotografo documentarista statunitense.

Nel 1936, fu ammesso alla Notre Dame University, dove un corso di fotografia fu istituito appositamente per il promettente giovane fotografo. Università comunque poi abbandonata.
Nel 1937 inizia a lavorare per Newsweek (allora News-Week), ma fu presto licenziato per essersi rifiutato di fotografare con macchine a medio formato. Passò così a collaborare con l’agenzia Black Star da freelance.
Nel 1939 inizia una collaborazione con la rivista Life che lo porterà, nel corso degli anni successivi, a coprire come fotografo la seconda guerra mondiale (area pacifico, scontro americano-giapponese): alcune delle immagini scattate durante queste operazioni sono oggi vere icone della seconda guerra mondiale, pietre miliari e storia della fotografia.
Il 1945, ferito al volto dall'esplosione di una granata, segna l’inizio di un periodo di lunga riabilitazione, in cui si domandò più volte se avrebbe mai ripreso a fotografare. La fotografia "A walk to Paradise Garden" fu la prima realizzata dopo la malattia, e simboleggiò perfettamente la rinascita dell'autore che ritorna a collaborare con Life per realizzare alcuni dei reportage più celebri pubblicati dalla rivista americana.
Nel 1955 inizia a collaborare con Magnum fino a diventarne membro nel 1957.
Tra i suoi lavori si ricordano: "Spanish Village" (per Life) Spagna in pieno franchismo, e "Country Doctor" (anch'esso per Life), sull’attività di un medico generico nella campagna americana.
Nel 1971 realizzò uno dei suoi lavori di reportage più noti e riusciti "Minamata", sugli effetti dell'inquinamento da mercurio in Giappone. Splendido anche il lavoro su Haiti.

"Photo is a small voice, at best, but sometimes - just sometimes - one photograph or a group of them can lure our senses into awareness. Much depends upon the viewer; in some, photographs can summon enough emotion to be a catalyst to thought."

I suoi bianconero, "sporchi" e intensi come pochi, con neri cupi e bianchi accecanti dei suoi servizi eccezionali: tanto da essere uno dei più grandi reportagisti di tutti i tempi. Il suo percorso di fotografo è caratterizzato da genialità e maniacalità (ad esempio, caso più unico che raro, Smith ottenne da "Life" il permesso di sviluppare e poi stampare da sé le proprie immagini, proprio in conseguenza della sua ossessione verso il controllo assoluto di ogni fase del suo lavoro), misto a manie di grandezza che lo portano a concepire lavori enormi che per ciò non potranno mai essere finiti. Elementi tutti che lo associano all’immagine di artista maledetto. Anche la sua storia personale amplifica l’idea: il padre suicida quando Smith aveva 18 anni, una madre fotografa con personalità dominante, un continuo rapporto di amore-odio con gli editori e le riviste per cui lavorava “da un lato sedotti dalle sue superbe fotografie, dall'altro sgomenti dinanzi ai sistematici ritardi di Smith nelle consegne e alle sue richieste di assoluta autonomia nel realizzare i servizi”, ed ancora le difficili esperienze di guerra culminate con una grave ferita al volto, ma ancora due matrimoni e due divorzi, depressione, alcolismo, bancarotta finanziaria. Tra i progetti incompiuti: il lavoro su Pittsburgh e l'idea di "The walk to Paradise Garden", una sorta di libro totale ed autobiografico che Smith non riuscirà mai a realizzare. Il capolavoro sono la sua vita e la sua opera, perfettamente e magistralmente descritte nel "Il senso dell'ombra" imponente monografia che presenta 350 fotografie ed una nutrita serie di scritti e saggi relativi all'opera di Smith.

Per quanto riguarda i riflessi ecco alcuni esempi. Anche Smith, come tutti i grandi fotografi e non solo i grandi arriva a fotografare i riflessi. Ecco tre riflessi per tre diversi concetti.





Smith scrisse: "Bisogna rendersi conto che la fotografia è la più grande bugiarda che ci sia, complice la convinzione che essa ci mostri la realtà così com'è". Ed anche: "Il fotogiornalismo, a causa dell'enorme pubblico a cui arrivano le pubblicazioni che se ne servono, influenza le idee e l'opinione pubblica più di ogni altro ramo della fotografia, per cui il fotografo-giornalista deve avere (oltre all'indispensabile padronanza dei mezzi) un forte senso dell'onestà e l'intelligenza per capire e presentare il suo soggetto opportunamente". Smith aveva un’attenzione maniacali verso le sue immagini, disponeva spesso i soggetti a suo modo, intervenendo parecchio in fase di post produzione in camera oscura, in alcuni casi (pare) esponendo insieme negativi diversi, mascherando e bruciando fino all'eccesso. Rifiutava assolutamente l'idea che una fotografia potesse costituire “una oggettiva e autentica rappresentazione del reale”, preferendo esprimere la veità come lui la percepiva in latre parole il suo punto di vista: "bisogna osservare e sentire ciò che ci circonda e interpretarlo, traducendolo in un lavoro finito". E dunque, se necessario aggiustava "la realtà per farla aderire meglio alla verità". Le immagini risultanti sono magnifiche e probabilmente più rappresentative.

Mi chiedo quanto di vero e di spontaneo, di effimero o casuale ci sia nei suoi riflessi... Chissà quale era il suo approccio anche con questo tipo di fotgografia... Costruiva e controllava anche i riflessi... quante volte avrà fatto posare Chaplin innanzi a quello specchio prima di scattare la foto che inseguiva? Quanto tempo in acqua avrà trascorso il soggetto prima di entrare nella storia insieme al fotografo che l'ha ripresa? Quanta realtà e quali bugie nascondono i riflessi? Riflessi... sono sempre e comunque riflessi, eppure continuano a farmi "riflettere"!

 
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Ultima Modifica: 2013/08/26 14:30 Da alb.o.
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#7919
PipPap (Utente)
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Messaggi: 1122
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Sesso: Maschio Ubicazione: catania Compleanno: 1952-11-11
Re:RIFLESSIONI SUI RIFLESSI 11 Anni, 4 Mesi fa Karma: 9  
Il caro Mario De Biasi, mio tramite, aggiunge una nota alla riflessione
 
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