Berenice Abbott (1898 – 1991)
Berenice Abbott deve buona parte della sua prima formazione, e delle influenze di cui essa fu intrisa, alla compagnia con la quale condivise una grande casa nella
Greenwich Avenue a New York. Tra i suoi coinquilini la scrittrice
Djuna Barnes, il filosofo
Kenneth Burke, ed il critico letterario
Malcolm Cowley. L'altra grande influenza sulla sua formazione derivò dal suo incontro con
Man Ray e
Sadakichi Hartmann in Europa ove studiava scultura. Sin dall'inizio della sua carriera quindi, la
Abbott fu aperta a diverse influenze e punti di vista. Non è un caso qundi che durante la sua carriera arrivò anche a pubblicare poesie nella rivista di letteratura sperimentale
“Transition”.
Inizia la sua avventura in fotografia da assoluta ignorante, come assistente in camera oscura di
Man Ray nel 1923.
"Mi avvicinai alla fotografia come un'anatra si avvicina all'acqua. Non ho mai voluto fare niente altro."
Nel 1926 tenne la sua prima mostra personale e avviò un suo studio.
Dopo un breve periodo passato a studiare fotografia a Berlino, fece ritorno a Parigi nel 1927 e avviò un secondo studio.
Lavori della
Abbott passarono in mostra a Parigi insieme a quelli di
Man Ray, in importantissimi luoghi parigini.
La sua ritrattistica era insolita (per il periodo storico in cui veniva proposta) e di alto pregio, le influenze del surrealismo si facevano certamente sentire.
Nel 1925 venne introdotta da
Man Ray alla fotografia di
Eugène Atget di cui divenne una grande ammiratrice, sponsor e divulgatrice.
Nel 1927 riuscì a convincere
Adget a posare per un ritratto.
Atget morì poco tempo dopo e quel ritratto resta impresso e riportato in tutti i libri di storia della fotografia. Dopo la morte del fotografo parigino, la
Abbott riuscì ad acquistare diverse sue stampe e negativi, e iniziò rapidamente a lavorare alla loro promozione, fino alla pubblicazione di alcuni libri di cui il primo
“Atget, photographe de Paris”, nel quale compare come curatrice. Il lavoro della
Abbott a vantaggio di
Atget sarebbe continuato fino alla vendita del suo archivio nel 1968. Oltre al suo libro
"The World of Atget" (1964), fornì le fotografie per
"A Vision of Paris" (1963), pubblicò un portfolio "
Twenty Photographs", e scrisse dei saggi.
Nel 1929
Berenice Abbott iniziò ad indagare con assiduità la città di New York, attraverso l’ausilio di una macchina fotografica a grande formato.
Nel 1935 si trasferì in un loft al Greenwich Village, con la critica d'arte
Elizabeth McCausland, con la quale visse fino alla morte di questa nel 1965. Le due collaborarono a un lavoro sostenuto dal
Federal Art Project e pubblicato nel 1939 sotto forma di libro dal titolo
“Changing New York”.
Fu in quel periodo che tutti gli artisti newyorkesi iniziavano a popolare il quartiere del Greenwich contribuendo come spesso accade in questi casi a farlo divenire il quartiere che oggi tutti i turisti conoscono. In quel periodo l'alta concentrazione di artisti in uno stesso fazzoletto, consentiva l'ulteriore cerscita e diffusione di novità ed iniziative artistcio culturali importanti.
Nel 1934
Henry-Russell Hitchcock chiese alla
Abbott di fotografare due soggetti: l'architettura prebellica e l'architettura di H. H. Richardson.
Intorno al 1954 la
Abbott e la
McCausland viaggiarono lungo la
US 1 dalla
Florida al Maine, e la
Abbott fotografò le piccole cittadine e la crescente architettura legata all'automobile. Poco dopo la
Abbott subì un intervento ai polmoni. Le venne detto che a causa dell'inquinamento dell'aria sarebbe stato nel suo interesse allontanarsi da
New York. Comprò una casa diroccata nel
Maine per soli mille dollari e vi rimase fino alla sua morte.
La ricordiamo anche per il suo importante contributo alla fotografia scientifica. Nel 1958 produsse infatti una serie di fotografie per un libro di testo di fisica per le scuole superiori.
Il lavoro di
Berenice Abbott nel
Maine continuò anche dopo la fine di quel progetto e il suo trasferimento in tale stato, e produsse il suo ultimo libro
"A Portrait of Maine" (1968).
La
Abbott fece parte del movimento della
“straight photography”, che sottolineava l'importanza di avere fotografie non manipolate né per quanto riguarda il soggetto, né per quanto riguarda il processo di sviluppo. Era inoltre contro i pittorialisti.