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la festa che non c'è (1 in linea) (1) Visitatore
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Discussione: la festa che non c'è
#10662
PipPap (Utente)
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Sesso: Maschio Ubicazione: catania Compleanno: 1952-11-11
la festa che non c'è 2 Anni, 2 Mesi fa Karma: 9  
La festa che non c’è o la festa che c’è stata.
Ieri sera, gli amici dell’Acaf si sono confrontati su questa domanda o, meglio ancora, su questo dilemma. A suscitarlo, la mancata organizzazione della rituale festa in onore di Agata, la Santa Patrona.
Al dilemma hanno voluto rispondere con i loro sguardi ed i loro obiettivi ed ognuno, seguendo la personale poetica ed il proprio stile o, se preferite, il proprio linguaggio, ha dato un contributo fresco, sincero, a volte originale, sicuramente partecipato.
E’ venuto fuori un ritratto di Catania, capace di vivere la festa attraverso i suoi storici apparati scenografici (barocco, mercati, piazze, chiese), ed è venuto fuori un modo di vivere la Festa (con F maiuscola) costruito sulla devozione e sul bisogno di una fede più evidente (candele, “sacchi”, preghiere, simboli). I veri soggetti protagonisti di tutto questo sono apparsi i bambini fondamentalmente desiderosi di partecipare con gli adulti questo momento di gioia; bambini ai quali si sono aggiunti gli adulti desiderosi di affermare di esserci ancora, oltre gli anni che passano, oltre la pandemia, oltre i divieti amministrativi.
I nostri fotografi hanno cercato la festa e l’hanno incontrata guardando “oltre”. Gli storici accadimenti processionali, invero, non sono stati celebrati, ma Catania era là con i suoi” devoti”, con i suoi bimbi che reclamano un palloncino o un pezzetto di torrone, che scimmiottano allegramente l’imponenza della festa che non c’è e ne recuperano una tutta inventata da loro nel rispetto assoluto della tradizione, E la Festa c’è anche con i suoi malati dal domani incerto, con i suoi vecchi che confidano in un futuro fatto non di mascherine ma dell’immagine della loro fanciulla.
Agata, quest’anno, ancora una volta, non si è svegliata. Nessun fuoco d’artificio l’ha destata dal sonno; gli omaggi floreali non l’hanno convinta a tornare a passeggiare sull’antiche strade. I devoti le hanno ornato di fiori la porta della sua casa ma lei è rimasta lontano. Le hanno lasciato, però, un pegno del loro affetto, un “arrivederci”, intrecciando i loro bianchi fazzoletti, magari intrisi da una lacrima, sui magnifici ferri della cancellata. Ma quella cancellata a è rimasta chiusa.
Però, i nostri amici, hanno voluto andare oltre: andare oltre le transenne, oltre la folla che pure c’è stata, oltre le assenze vistose delle autorità civiche, e hanno oltrepassato le porte delle antiche chiese, dei luoghi dello storico martirio. Hanno fatto memoria con chi con una presenza, anche minima, ha illuminato il vuoto pandemico di piazze che ricordavamo inverosimilmente zeppe.
Si, i miei amici, ormai, sanno cosa cercare perché anni di studio hanno insegnato loro che l’immagine fotografica non è solo indice, non è solo icona ma è anche simbolo e, quindi, segno nel quale tutti si riconoscono; e, sul quel segno, hanno puntato i loro obiettivi (figuratevi che io in quel brillare di candele ho visto una torta di compleanno e da un cerchio di devoti ho visto emergere il volto giovanile di Agata (ma queste sono “pappalardate” di un vecchio cuore ingrato e capriccioso).
L’immagine della locandina, invero ben selezionata per la serata, riassumeva con la sua sobria evidenza, quel che ho provato a raccontarvi: l’antica chiesa con le sue memorie e con i suoi arredi era al buio nonostante fosse giorno; qualcuno aveva ritenuto opportuno accendere le luci della “Candelora” che, ora, bella, elegante, festosa si poneva al centro della navata quasi a dire ad Agata; “Dove andiamo, io sono pronta?”.
 
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