Ieri sera l’eco, discreta ma risoluta, della visione fotografica di Eletta Massimino e di Salvo Cuscunà ha fatto avvertire la qualità del suono di cui era intessuta. Negli antichi spazi dell’Abbazia di Santa Maria, dentro la Ducea di Nelson, in quel di Maniace, gli storici ambienti hanno accolto le peregrinazioni dello sguardo di Eletta e le agnizioni misteriose quanto evidenti di Salvo.
Discreta, intanto, l’ombra del vecchio Ciclope, Bronte, ascoltava, vedeva, considerava.
La serata di esordio del cammino di questo lavoro fotografico che, ricordiamolo, guarda all’Etna, al suo tipico territorio, alla sua storia, individuandone le possibili forme di dialogo, di partecipazione, di tutela, parlava di poesia; una poesia che ricerca una voce comune capace di trovare la prospettiva del nuovo impegno esistenziale che ci attende nei giorni futuri; parlava di musica per individuare la forma concreta della nostra umana passione che si fa sospiro, gemito, “ciatu”.
E’ stato come tornare nell’antico “odéon” quando chiedevamo alla scena le ragioni del nostro malessere.
La ricerca di una direzione, di un senso, di un significato da dare al risultato della loro visione è divenuta, così, ascolto, attenzione, cura da assicurare alle nostre civili ambizioni culturali ed esistenziali.
Non si possono capire i segni se non impariamo a capire i “nostri” sogni .
“Dentro l’eco dei nostri passi” si sta muovendo lungo la prospettiva della Regia Trazzera: poi ci guarderemo e ci ritroveremo, con Salvo ed Eletta, dentro il loro libro, “nascosti in prospettiva”.
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