ACAF - Associazione Catanese Amatori Fotografia

 
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Re:In principio era la tecnica... (1 in linea) (1) Visitatore
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Discussione: Re:In principio era la tecnica...
#8217
Caristofane (Utente)
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In principio era la tecnica... 10 Anni, 7 Mesi fa Karma: 2  
Preambolo: alcune letture mi portano a volte a fare pensieri, più o meno assurdi se volete, che mi piace condividere con voi. Probabilmente non sono all'altezza di altri Autori di questo e altri siti e di questo mi scuso anticipatamente. Se divento pedante o inconcludente, o se giungo a conclusioni errate, vi prego di farmelo notare. Se quanto vi scrivo vi torna utile o lo trovate semplicemente gradevole avrò comunque raggiunto il mio scopo. Grazie anticipatamente per il tempo dedicatomi nella lettura.


In principio era la tecnica... evoluzione del fotografo

Il primo passo per chiunque si approcci alla fotografia è la parte tecnica. E' questa la fase in cui si impara l'arte come capacità manuale e strumentale. La fase di approccio e conoscenza dell’apparecchio “macchina fotografica”, degli acquisti smisurati e viscerali. In questa fase il fotografo si approccia con lo strumento ed impara ad usarlo per ottenere un risultato tecnicamente corretto. Questa fase oggi viene saltata a piè pari da molti appassionati di fotografia, in quanto le macchine moderne partono tutte col… “cambio automatico”, quindi che bisogno c’è di imparare a fare la doppietta? Ma poi cos’è questa doppietta, si chiederanno in molti. Se mai vi trovaste a guidare una macchina di una certa età, diciamo d’epoca, come ad esempio una FIAT 500, scoprirete che il cambio non è sincronizzato e se non volete che il cambio “gratti” e si riduca a limatura di ferro, dovrete mettere in opera una serie di operazioni (frizione-cambio-acceleratore-frizione-cambio) per aumentare i giri del motore “sincronizzandoli” manualmente con quelli della trasmissione. Fine della parentesi automobilistica (per chi fosse interessato ad approfondire l’argomento veda a http://www.fiat500legend.it/doppietta.html e simili).
La tecnica, dunque, dicevamo. La tecnica, oggi così bistrattata, diventa fondamentale in una fase più avanzata, vedremo quale, ma dovrebbe essere comunque imparata e assimilata completamente. Infine, dovrebbe diventare un meccanismo spontaneo, proprio come quando impariamo a guidare l'automobile. Occorrerebbe poi mettere questo ricco e prezioso bagaglio da parte (impara l'arte e metti la da parte! Dicevano i nostri nonni) e andare avanti. Purtroppo molti restano imbrigliati in questo gioco e si fermano li, affascinati dal luccichio delle lenti, dai rapporti matematici dell’esposizione, dal piacere del giocattolo nuovo, a volte fine a se stesso.
Questa è la prima tappa nell’evoluzione del fotografo, fondamentale, ma iniziale. Il risultato del conseguimento di questo primo obiettivo, sarà quello di una fotografia tecnicamente perfetta.
Il fotografo si accorge presto che tutto questo non basta, non fosse altro che per il fatto che qualsiasi compatta o cellulare è oggi in grado di eseguire una fotografia tecnicamente corretta, nelle mani di chiunque (e dico proprio “chiunque”!).
Quindi? A questo punto il nostro fotografo, posto che abbia gettato queste basi e non le abbia saltate a piè pari, si applica alla seconda fase del suo percorso. Comincia a interessarsi al linguaggio fotografico ed alla composizione: forme, ritmi, colori, contrasti… e ancora: regola dei terzi, sezione aurea, linea dell’orizzonte, prospettiva… insomma a tutto il bagaglio di sintassi dell’immagine che porta all’articolazione di una composizione appropriata. Siamo ancora nel campo delle regole, ancora nel convenzionale, ma già un buon risultato. Siamo nella fase in cui gli amici ti dicono quanto sei , cominci a stampare o pubblicare sul web le immagini, sei orgoglioso dei tuoi risultati. Altra tappa, altro punto fermo, peraltro non da tutti raggiunto, in cui molti, moltissimi trovano qui la loro pace interiore e qui si fermano.
Ma “sedendo e rimirando”, se mai vi è capitato di farlo, i grandi fotografi, ci si accorge presto che manca qualcosa. Inizia una nuova fase di ricerca.
La fotografia è sì un linguaggio (ma Pippo, è o non è un linguaggio?), con le sue regole ed i suoi segni, la sua tecnica… tutto questo va sicuramente appreso, conosciuto, posseduto, metabolizzato (... e messo da parte, come dicevo!). Occorre adesso sforzarsi di trovare il proprio stile, capire le proprie inclinazioni e i propri interessi andare oltre.
La cultura poi (in senso lato, ma soprattutto la cultura dell’immagine, sia fotografica che non), ricopre un ruolo fondamentale, in questa fase, nel bagaglio del fotografo, quanto e più della tecnica. Questo linguaggio, infatti, ha molto in comune alle arti figurative, la cui conoscenza, così come la conoscenza del lavoro dei grandi fotografi, non solo del passato, ma anche contemporanei, non può prescindere dagli interessi di chi è veramente appassionato di fotografia. (Se io amo una cosa o una persona, voglio conoscere tutto di lei, perché questo per alcuni non debba valere anche per la passione fotografica resta per me un grande mistero).
In questa fase si legge l’immagine, si cerca di capire perché e per come gli autori si siano espressi in un certo modo, non solo dal punto di vista tecnico (se non l’abbiamo saltato prima). Si cerca di capire come il fotografo ha tecnicamente realizzato l’immagine, perché c’è sempre da imparare, ma soprattutto si cerca di capire il perché. E poi la poetica, il messaggio apparente e quello profondo, nascosto, si cerca di andare oltre la tecnica e l’estetica. Si studiano sempre per primi gli autori classici (in fotografia, come nell’arte), ma poi non bisogna dimenticare di andare a esplorare i moderni ed i contemporanei. Mi è capitato a volte di vedere bravi fotografi, dotati di talento e sensibilità, scoprire modi e forme del fin de siècle, convinti di essere degli innovatori. Se avessero letto un po’, si sarebbero risparmiati la figuraccia, ma tant’è…
E’ forse la fase più difficile, una fase di impegno, di ricerca, di studio, necessita di tanto entusiasmo e duro lavoro come ebbi a dire in un mio precedente sproloquio, ma alla fine vedrete che i risultati arriveranno. Le vostre immagini cominceranno ora a distaccarsi dalla massa delle altre, non più solo immagini tecnicamente perfette e compositivamente impeccabili, ma immagini consapevoli, mature.
Fatto questo, si completa la terza difficile fase dell'apprendimento fotografico, molto stimolante per le continue novità e per i nuovi stimoli. Ma non è ancora finita. Non ancora? Cosa manca?
Siamo quasi alle fasi finali, non temete, occorre adesso imparare a trasmettere agli altri il proprio messaggio, la parte più difficile. Occorre trovare la “propria strada”. Una strada molto personale, sofferta, interiore. Una strada che porta ad un messaggio. Se il messaggio è raccontare, occorre raccontare in maniera che altri capiscano ed entrino nel nostro racconto. Se il nostro messaggio è composto di sentimenti ed emozioni, è necessario riuscire a trasmettere agli altri le nostre emozioni. La poesia dei sentimenti va trovata innanzi tutto in se stessi per poi riuscire a trasmetterla. Lei vie possono essere molteplici. (Molti riescono ad esprimersi in semplici versi, pochi riescono a creare la grande poesia e le forme delle poesia possono variare alquanto). Se la strada è stata finora in salita qui diventa particolarmente ripida. E’ un discorso che va al di là delle tecniche (ormai acquisite e rese serve del nostro operare), al di là del mezzo, della composizione e perfino della cultura. Mi viene alla mente il classico esempio, se volete banale, di chi vuol raccontarci attraverso le immagini le emozioni di una vacanza o di un’avventura, orgoglioso e felice, mentre vi parla, vi mostra le sue immagini, ma voi non vi trovate né le emozioni, né le sensazioni, né altro di quanto sta nelle sue parole. Ecco per quanto banale l’esempio mi sembra calzante. Riesce la mia immagine a trasferire il mio messaggio? Sia esso la bellezza della natura o l’emozione di un viaggio interiore? O sono solo macchie d'inchiostro su un foglio?
Questo è, per il momento, il termine ultimo del mio progetto, al quale lo confesso non mi sento affatto di essere giunto. Per il quale non so darvi nessuna ricetta. Vi faccio però un altro esempio: tutti scriviamo per raccontare qualcosa, alcuni meglio, altri peggio, pochi raggiungono il livello di “scrittori”, questo mi pare abbastanza ovvio. Accade però leggendo i lavori dei cosiddetti “scrittori”, che alcuni siano un piacevole passatempo estivo, altri siano pallosi (pardon: noiosi! o semplicemente pedanti o altro), altri ancora raggiungano una potenza espressiva, una profondità di sentimento, una pienezza di stile, che il leggerli è un piacere esistenziale, solo per il gusto di srotolare le parole nella nostra lingua o esperirne la profondità delle idee aprirsi nella nostra mente. Certo anche una questione di gusti e di cultura personali, ma di fronte a determinati capolavori, non si può che rimanere estasiati. Lo stesso vale per la fotografia, quante belle immagini vediamo ogni giorno su internet. Quanti “like” e quanti “oh!”… si ma poi? Quante di queste immagini vanno oltre il puro piacere voyeuristico, quante mi aprono una finestra nella mente, come direbbe l’amico Tano D’Amico, quante mi colpiscono? Quante mi portano a interrogarmi sui loro significati profondi? Quante mi emozionano?
Tutti conoscete Salgado, immagino, (se non lo conoscete per favore passate immediatamente ad un’altra lettura), la sua vicenda esprime bene secondo me ciò che intendo per profondità del fotografo. Salgado ha iniziato a fotografare, con uno splendido bianco e nero, sì, ma ha iniziato con qualcosa che lo aveva toccato nel profondo: il mondo dei miserabili, degli ultimi. Ha continuato a sviscerare questo tema, fino a quando non ne è stato consumato, o forse ha sentito che non aveva più niente da dire. Si è fermato. Oggi è ripartito con un nuovo tema che lo ha colpito nel profondo. Ha impiegato anni a portare avanti un nuovo progetto fotografico, ma anche intellettuale: salvare il pianeta. Ha sentito profondamente questo tema e ha cercato di svilupparlo con la propria sensibilità. Ha cercato alla fine di veicolare un messaggio. (Insomma ha sviluppato un progetto!)
Quando desideriamo raccontare qualcosa ad altri, quando decidiamo di comunicare qualcosa, di solito non è una cosa banale, non la prima che è passata per la mente, ma qualcosa che sentiamo di dover trasmettere, che ci ha emozionato toccato o semplicemente ci è piaciuta. Tanto più a fondo ci ha toccati, tanto maggiore sarà la nostra enfasi, tanto più avremo approfondito la conoscenza sull’argomento e tanto maggiore sarà la nostra accuratezza, tanto più saremo bravi nel riferirne dettagli tecnici come anche aspetti emotivi. Tanto più meditato sarà il nostro discorso, tanto maggiore la sua limpidezza espositiva. Tanto maggiore il nostro bagaglio culturale, tanto migliori la qualità e la finezza espressiva del discorso. Né più né meno lo stesso discorso vale per la fotografia. Lo sforzo espressivo, che non sia la mera riproduzione del reale, è parte integrante del nostro “lavoro”.
Alcuni cercano di raccontare il mondo. Altri se stessi. Altri cercano di riscoprire la propria esistenza attraverso la fotografia. Altri ancora cercano una affermazione artistica più pura.
Sono molti i percorsi possibili, ma per favore ora non chiedetemi: “cosa dobbiamo fotografare?”!!!!




Emanuele Canino
 
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Ultima Modifica: 2013/09/25 12:04 Da Caristofane.
 
E\' un\'illusione che le foto si facciano con la macchina... si fanno con gli occhi, con la testa e con il cuore.
Henri Cartier-Bresson

Chi non sa fare una foto interessante con un apparecchio da poco prezzo, ben difficilmente otterrà qualcosa di meglio con la fotocamera dei suoi sogni.
Andreas Feininger
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#8218
cosimodiguardo (Utente)
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Re:In principio era la tecnica... 10 Anni, 7 Mesi fa Karma: 1  
letto dun fiato ..... cosa fotografare? chi mai potrebbe dire di chi ti innamori e di cosa ....! la fotografia è un lingiaggio universale che scrive con la luce su fogli LIBERI DA CONDIZIONAMENTI.
 
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#8219
PipPap (Utente)
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Re:In principio era la tecnica... 10 Anni, 7 Mesi fa Karma: 9  
Ineccepibili le considerazioni di Emanuele che, a mio avviso, forse si appuntano eccessivamente sull'aspetto tecnico della fotografia.
Certamente quest'ultimo, proprio in fotografia, è assai importante: la fotografia nasce come sforzo tecnologico per trattenere l'immagine della realtà.
E mentre raggiunge questo risultato, elementare quanto assai rivoluzionario, contemporaneamente apre nuovi paesaggi tutti da esplorare, ancora da esplorare; anche perché, al desiderio di rappresentare il mondo ed esprimerlo attraverso una forma tutta nostra ancorché anche condivisibile, non c'è mai fine.
Credo che sia giunto il momento di togliere ai linguisti, ai semiologi, ai filosofi ed ai neurologi l'indagine circa la specificità del fotografico: tanti hanno dato, ognuno dal proprio punto di vista, i loro contributi e lo faranno ancora; e saranno intuizioni interessanti ed appassionanti di cui aspettiamo il sorgere e la proposta.
Ma attendere una teorizzazione completa ed esaustiva non ci impedisce dal documentare, narrare e fare poesia anche con i nostri poveri mezzi.

Alla radice, anzi al seme di tutto, ci sta questa necessità: ognuno, a suo modo, vuole rappresentare ciò che gli interessa.
L'uomo delle caverne provò a tracciare la sua fatica a sopravvivere e lo fece col carbone che gli dava fuoco e calore e col suo stesso sangue: questa era la sua consustanziale tecnologia, assai progredita e di valore simbolico inestimabile. Quando poté liberare il proprio tempo, allora, cominciò a trattenere la memoria e provò a disegnare la sua compagna che invecchiava o suo figlio che cresceva. Chiese proprio a coloro che condividevano il suo vivere se si riconoscevano in quanto aveva disegnato.
Gli risposero: ma questo sei tu!! e lui scopri che era la pura verità e la tecnologia che avrebbe appreso nei secoli futuri (la verosimiglianza) era solo uno strumento per ribaltare questa esperienza.

Son voluto andare a visitare la casa di Giacomo Leopardi - un uomo che sento vicino come Caravaggio, come Pasolini, come De Andrè -, per capire se tanta sapienza tecnica nell'usare le parole ed i concetti, anche al di là della grammatica e della logica aristotelica, era fondata sugli "amati studi" oppure c'era un sussidio dai luoghi, dalla storia che viveva quotidianamente; ho preso atto che c'erano entrambi perché entrambi hanno la medesima natura.
Ma la tecnica non è nata prima: la "ballata di Piero", esisteva nell'animo di Faber, così come "il sogno di una cosa" in quello del poeta corsaro e luterano, così come una prostituta annegata nel compianto funebre su una Madre.
Poi, e solo poi, è venuta la retorica e lo stile, poi è venuto il riflesso narcisiano o la penombra della luce che crea.
Quindi, se sono riuscito a spiegarmi, prima è stata individuata la radice delle cose, l'archè dei sentimenti, e poi, solo poi, la forma ovvero ciò che ci permette di chiamare per nome le cose materiali (e forse, anche quelle immateriali): se avete comprato il libro di Enzo Carli, ebbene lì ho espresso meglio il mio pensiero.
Queste mie considerazioni, che porgo, scusate, in forma tecnica (vagamente letteraria) spero che servano a far capire che tutto muove dal bisogno di comunicare che ripeto altro non è che desiderio di mettere in comune, di scambiare.
Il fuoco non era all'inizio mera tecnologia ma fenomeno della natura: quando l'uomo se ne impossessò (con la tecnica) entrò in una nuova conoscenza e Mowgli, come sanno tutti i bimbi che hanno un padre che racconta,che mette in comune, divenne un uomo sociale.

Qualunque forma possa assumere la conoscenza delle cose, anche la più bislacca, deve trovare una spiegazione ed una giustificazione: alla fine Duchamp è solo una teorizzazione di deficit più storico-sociali che culturali; ma questo è un altro discorso.

Sono chiamato in causa: la fotografia è un linguaggio? SI. Essa è un insieme di segni come tutti i linguaggi che ci servono per comunicare.
Ieri sera mi avete raccontato con un linguaggio visivo la vostra esplorazione fotografica all''ETIS e, con essa, le vostre ambizioni fotografiche. All'interno di tantissime (troppe?) possibilità ognuno ha progettato un suo modo di vedere: all'interno di una ricchezza di risorse ognuno ha avuto la libertà di scegliere un percorso visivo. Sta al gruppo, poi, mantenere intatto e fertile lo spazio ed il tempo delle possibilità e della scelte consapevoli e maturate (il progetto): e insieme si può tentare anche di capire se il risultato valeva il tempo del sacrificio (bella parola). Questo ho letto nei vostri scatti.
Finisce tutto qui? Macchè, il discorso continua; perché ieri sera io ho ascoltato (visto) tante altre cose che richiedono una risposta, ed un approfondimento.
Tecnico o filosofico, direte voi?
Scusatemi, ma devo partire dai bisogni e dalle domande per dare risposte: sono ancora un bambino e aspetto sempre che qualcuno mi racconti qualcosa: il racconto non è una tecnica è solo una risposta esistenziale ad un bisogno vitale.
Questo l'amico Emanuele lo sa e da tempo ma capisco che il dibatterne gli dia più piacere come tanto ne da a me il riconoscergli un forte desiderio di mettere in comune i suoi pensieri.
 
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Ultima Modifica: 2013/09/25 20:12 Da PipPap.
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#8221
alb.o (Utente)
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Re:In principio era la tecnica... 10 Anni, 7 Mesi fa Karma: 2  
Leggo tutto d'un fiato, e confesso che data l'ora tarda sono un pò stanco per fare un discorso ampio e ricco come chi mi ha preceduto, ma quando gli amici scrivono, non resisto, non posso non venirvi dietro!

Credo che le premesse di Emanuele rappresentino le tappe che più o meno ogni fotoamatore (aggiungerei autodidatta) ha o fonisce per percorrere nel 90% dei casi... Si nulla da eccepire, così come ineccepibile è il contenuto del discorso di Pippo... Eppure, oggi credo di aver finalmente messo a fuoco qual'è quell'ultimo (ultimo?) passo a cui fa riferimento Emanuele.

Oggi comprendo la vera impellente necessità... Capire da cosa si è attratti, capire la popria vocazione, capire cosa davvero ci iteressa e perché... questo vuol dire capire in che direzione indagare il mondo, vuol dire restringere il campo e concentrare le proprie fatiche ed i propri sforzi senza disperderli restando sempre concentrati ed on focus su ciò che deve essere una strada da percorrere... Se vuoi, è un pò (ma a scala più grande) lo stesso discorso del viaggio fotografico. Se sai cosa vuoi cercare sei meno distratto dal luogo e dalle infinite novità! Allo steso modo se capisci qual'è la tua "missione" è su quella che ti concentri... E solo concentrqto e solo con occhio cuore e cervello allineati puoi arrivare a scrivere senza condizionamenti, così come suggerito da Cosimo...

pensierino per la notte...

A domani

Alberto

Ps prometto che passo domani, rileggo e correggo, mi perdonerete se non si capisce nulla di quanto scritto, ma ora non riesco più a tenere gli occhi aperti!

 
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#8223
PipPap (Utente)
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Re:In principio era la tecnica... 10 Anni, 7 Mesi fa Karma: 9  
Ok su tutto! Eppure nell'affermazione di Emanuele c'è molto di vero, anzi di sperimentata ed autentica verifica fotoamatoriale.

In principio, assai spesso c'è l'attenzione allo strumento (vanità, possesso, apparire alla moda) ed alla tecnica di volta in volta adoperata dai nostri compagni per raggiungere risultati, appunto, alla moda, moderni, vagamente trasgressivi o esteticamente corretti e difendibili.

Provo, allora, a proporre un esempio e chiedo di non essere equivocato: martedì scorso gli amici hanno selezionato le immagini relative all'incontro-ETIS:
tutte immagini in tema che volevano documentare l'evento vissuto ed il grado di comprensione fotografica di quanto visto, rappresentato ed espresso.
I risultati sono stati giudicati ed alcuni di questi ulteriormente selezionati perché maggiormente apprezzati: provo, adesso, a tracciare dei collegamenti.
Sono state più accolte le immagini che individuavano particolari emblematici piuttosto che quelle che accoglievano insieme indistinti; sono state meglio giudicate quelle che sotto il profilo della ripresa avevano trovato insoliti punti di vista; ancora meglio accolte quelle immagini che organizzavano la composizione seguendo ritmi ben precisi o privilegiando prospettive reali o create per l'occasione; sono state positivamente accolte le immagini del non conosciuto che ci ha sorpreso e, nello stesso tempo, le immagini delle piccole cose, povere o umili, che abbiamo scoperto; abbiamo sempre sottolineato l'impegno del lavoro e la risata cordiale quando l'abbiamo trovata.
Tutto questo non ha forse seguito una logica squisitamente tecnica? Ma quando questa tecnica si è fatta stile personale (fra poco parlerò di poetica), vedasi le immagini di Daniele e di qualcun altro, il consenso non si è fatto più diffuso e partecipato?
Eppure Daniele altro non ha fatto che aggiungere tecnica (la sua poetica) ad una visione già tecnica. Ma, a quanto pare, proprio questo interessava i nostri amici.
Che tipo di errori tecnici abbiamo riscontrato: non certo quelli di esposizione facilmente correggibili in post produzione; né di risoluzione delle immagini poiché gli Iso sono stati tutti automatici (credo); gli errori più comuni (definirli errori non mi pare corretto) sono da cercare sulla deliberata ignoranza della profondità di campo, sull'insistita ricerca di prospettive e dilatazione di fughe, linee o ritmi, e sulla distribuzione dei pesi visivi (volumi e colori) e delle simmetrie. Ma questi non sono forse estetismi? E l'estetismo non è forse tecnicismo?
L'errore forse è stato quello di non aver voluto forzare la visione del nostro occhio, andando oltre, decisamente oltre.
Saggiamente gli amici, anche se non motivando, poi, hanno corretto opportunamente non selezionando (inconsciamente?) tante immagini.
Quindi, c'è stato tutto un approccio tecnico, squisitamente deliberato per documentare, e farci narrare dalle cose e dalle persone ritratte, un momento dello nostra passione fotografica.
E l'educazione allo sguardo? e la radice del nostro vedere? ed il bisogno esistenziale di scoprire, esplorare, giustificare? E la fotografia del nostro pensiero sulla vicenda? E la poesia?

*
Mio padre era un ebanista e nel laboratorio mi faceva prendere confidenza con il legno e con gli strumenti di lavoro: piallavo, segavo, lucidavo, montavo e componevo seguendo la vita di questi materiali; erano loro a suggerirmi di valorizzare una certa venatura del legno o ridurre le proporzioni di un piano o di un montante.
Cosa voglio dire? Voglio solo dire che organizzando una prospettiva nel quadruccio del mirino o nello schermo del monitor io devo spiegarmi perché lo faccio.
Magari scopro che lo faccio per antagonismo, per rivalità, per ambizione, per testardaggine. Ma, magari. perché ho un punto di vista diverso, completamente diverso, magari sto provando un'emozione; e magari domani appunterò gli occhi su qualcosa di altro.

In principio quindi era la tecnica? Se vogliamo restare nella parafrasi dell'incipit giovanneo, la tecnica sta al Verbo (o il Logos se si preferisce l'uso del greco) ma in questo caso, proseguendo nella parafrasi, la tecnica sta accanto alla poetica e la tecnica è essa stessa la poetica; anzi, continuando, nulla può essere creato senza la tecnica e, addirittura solo la tecnica ci ha aperto le porte della poetica e della nostra poesia personale.
Quindi la tecnica si innerva della nostra volontà e vibra emotivamente con noi.
Non vorrei confondere chi legge, ma vorrei aggiungere che questa esperienza trasforma tutti i nostri amici non nel gruppo dei fotoamatori del martedì ma nei compagni di avventura e di poesia di giacomelliana memoria (e, con sicurezza,dichiaro che lo siamo).

Ho bisogno di concludere. Le domande poste da Emanuele stanno alla base dell'estetica crociana (ed a quell'impegnativa lettura rimando); a sua volta questa posizione filosofica ha comportato il dibattito (mai polemica) maturatosi nella fotografia italiana fra i seguaci di Monti ed i seguaci di Cavalli.
Altri tempi? Mica tanto: di certo altri bisogni esistenziali. E questi non si mettono a fuoco regolando tecnicamente un obiettivo.


P.S.: qualora la parafrasi era rivolta non all'incipit del Vangelo di Giovanni ma al libro della Genesi (ricordo che il nostro Caristofane è fresco della visione di Salgado) i termini di quanto esposto credo che non cambino.
 
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Ultima Modifica: 2013/09/27 09:39 Da PipPap.
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