Per la salvezza delle cittą di tutto il mondo |
di Pippo Pappalardo
Dal discorso tenuto dal prof. Giorgio La Pira al Convegno dei Sindaci di tutto il mondo in Firenze, il 2 0ttobre 1955,
Ebbene, questa epoca delle città nella quale siamo entrati coincide, per
un misterioso paradosso della storia, proprio con l’epoca nella quale la
contemporanea distruzione delle città essenziali può essere l’affare di
pochi secondi! Non è ormai un sogno: entra nella zona delle cose
possibili. Nello spazio di poche ore la civiltà umana potrebbe essere
radicalmente privata di Firenze e di tutte le capitali del mondo. Tutti
si chiedono: -che sarebbe il mondo umano privato di questi centri
essenziali, di queste fontane insurrogabili, di questi fari creatori di
luce e di civiltà? La risposta, a nostro avviso, è negativa. Le generazioni presenti non hanno il diritto di distruggere un patrimonio a loro consegnato in vista delle generazioni future. Il diritto all’esistenza che hanno le città umane è un diritto di cui siamo titolari noi delle generazioni presenti, ma più ancora quelli delle generazioni future. Un diritto il cui valore storico, sociale, politico, culturale, religioso, si fa tanto più grande quanto più riemerge, nell’attuale dimensione umana, il significato misterioso e profondo delle città. Ogni città è una città sul monte, è un candelabro destinato a far luce al cammino della storia. Ciascuna città e ciascuna civiltà è legata organicamente, per intimo nesso e intimo scambio, a tutte le altre città ed a tutte le altre civiltà. Formano tutte insieme un unico grandioso organismo. Ciascuna per tutte e tutte per ciascuna. Storia e civiltà si trascrivono e si fissano, per così dire, quasi pietrificandosi, nelle mura, nei templi, nei palazzi, nelle case, nelle officine, nelle scuole, negli ospedali di cui la città consta. Le città restano arroccate sopra valori eterni, portando con sé, lungo il corso tutto dei secoli e delle generazioni, gli eventi storici di cui esse sono state attrici e testimoni. Restano come libri vivi della storia umana e della civiltà umana, destinati alla formazione spirituale e materiale delle generazioni venture. Restano come riserve mai esaurite di quei beni umani essenziali – da quelli di vertice, religiosi e culturali, a quelli di base, tecnici ed economici – di cui tutte le generazioni hanno imprescindibile bisogno. La città è lo strumento in certo modo appropriato per superare tutte le possibili crisi cui la storia umana e la civiltà umana sono sottoposte nel corso dei secoli. La crisi del nostro tempo – che è una crisi di sproporzione e di dismisura rispetto a ciò che è veramente umano – ci fornisce la prova del valore, diciamo così, terapeutico e risolutivo che in ordine ad essa la città possiede . Come infatti è stato felicemente detto, la crisi del tempo nostro può essere definita come sradicamento della persona dal contesto organico della città. Ebbene: questa crisi non potrà essere risolta che mediante un radicamento nuovo, più profondo, più organico, della persona nella città in cui essa è nata e nella cui storia e nella cui tradizione essa è organicamente inserita. E prima di finire questo discorso sul valore delle città e sul destino per la civiltà intiera e per la destinazione medesima della persona, permettete che io dia un ammirato sguardo di insieme alle città millenarie che come gemme preziose ornano di splendore e bellezza le terre del mondo. Ci vorrebbe qui, per parlare di esse, il linguaggio dei profeti. Per ciascuna di esse è valida la definizione luminosa di Peguy: essere la città dell’uomo abbozzo e prefigurazione della città di Dio. Città arroccate attorno al tempio, irradiate dalla luce celeste che da esso deriva, città nelle quali la bellezza ha preso dimora, s’è trascritta nelle pietre, città collocate sulla montagna dei secoli e delle generazioni, destinate ancora oggi e domani a portare alla civiltà meccanica del nostro tempo e del tempo futuro una integrazione sempre più fonda ed essenziale di qualità e di valore. Ognuna di queste città è un museo ove si accolgono le reliquie, anche preziose, del passato, è una luce ed una bellezza destinata ad illuminare le strutture essenziali della storia e della civiltà dell’avvenire. Le città non possono essere destinate alla morte, una morte, peraltro, che provocherebbe la morte della civiltà intera. Se siete giunti fin qui, mi compiaccio per la vostra capacità, e pazienza, di lettura. Ma se ho voluto provocarvi è perché qualche acaffino catanese, guardando alla fontana al centro della rotatoria di Ognina, mi chiedeva chi fosse il La Pira (sicilianissimo) a cui era stata dedicata. Ho pensato, quindi, che fosse opportuno rileggerci questo richiamo ai Sindaci di tutto il mondo e riprendere, proprio per noi, alcuni concetti forti ben richiamati dall’eloquenza del grande Sindaco di Firenze e cioè il terrore che la città, ancor quando indefinita o indefinibile, paradossalmente possa scomparire. Penso, però, che il nostro sguardo, la nostra visione, possa renderne “sacre le sue componenti umane” e, pertanto, il nostro lavoro di fotografi oltre a renderla definita o definibile possa contribuire a difenderla. E di tanto “Ci” ringraziamo. |