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Re:RIFLESSIONI SUI RIFLESSI 11 Anni, 4 Mesi fa
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Materiali e sostanze portatrici di riflesso per eccellenza sono l’acqua, i vetri (inteso anche come specchio), ma anche lamiere e materiali traslucidi. Lo sappiamo bene noi fotografi, ma anche noi archittetti. Lo sa bene anche Steven Holl che ritiene fondamentale la necessità di trovare il giusto equilibrio tra la “scienza dell’acqua” e la qualità delle esperienze che tramite essa si ricreare e vivere. L’acqua è da lui definita “a phenomenal lens” con poteri di riflessione, rifrazione e trasformazione dei raggi di luce e dei colori. Spesso ritiene che ciò che è riflesso è più intenso della vista reale. Il potere psicologico di un riflesso è molto più potente dell’intera scienza della rifrazione. Facendo riferimento alle sue abitazioni in Fukua, ampio spazio urbanizzato, fa notare come basti un pizzico di poesia per far affiorare il meglio dell’uomo, anche all’interno delle tragedie riferibili alla moderna vita urbana. E’ “questione di percezioni”, una semplice pioggia appare immediatamente evidente in una porzione d’acqua presente in una piazza o in una piazza d’acqua, analogamente il vento che soffia sulla stessa piazza, trasforma a secondo della sua intensità tutto ciò cha all’interno della vasca è rispecchiato, senza parlare del mutevole cambiamento del cielo con le sue meravigliose nuvole.
Altro magistrale intervento nel territorio è la piscina pubblica di Leça da Palmeira realizzata da Alvaro Siza. Le piscine di sono invisibili dalla città. Per chi giunge da terra vi è il rischio di non individuarle. Solo provenendo dal mare è possibile scorgere un volume appena al di sotto della carreggiata; una massa architettonica a tratti confondibile, per grana e colore, con le rocce della scogliera a cui fa da sfondo.
“L'edificio rappresenta la sintesi formale di un programma architettonico complesso: ricavare, lungo una scomoda lingua di terra a cavallo tra l'oceano e l'antico abitato di Leça, una serie di terrazzamenti e di vasche che permettano di godere, in assoluta protezione, delle acque dell'Atlantico. Si tratta perciò di un lavoro di mediazione tra la città e la linea di costa, della sistemazione di un bacino naturale d'acqua nettamente cinto da una scogliera in granito, inaccessibile dalla quota rialzata della litoranea come dalle spiagge limitrofe. La risposta del progettista è tanto semplice nei materiali e negli elementi edilizi impiegati quanto sofisticata nella composizione. Il manufatto si concretizza in una sequenza di piattaforme, delimitati da muri di sostegno e liberi setti in calcestruzzo, che hanno il compito di connettere la strada con la scogliera e il mare”.
In quest’opera si compie il rito di passaggio dalla dimensione urbana alla sfera naturale, semplicemente spostandosi, senza neanche rendersene conto. Qui, nella penombra, la vista cede lentamente il predominio della cognizione agli altri sensi, al suono dell’oceano che in crescendo si ode attraversando i camerini o alla grana rugosa del calcestruzzo, dei legni e delle vernici. Difatti, il progressivo distaccarsi dall'esterno che Siza imprime al manufatto non è solo risultato della composizione; esso risiede anche nell'espressività dei materiali da costruzione impiegati. L’acqua con i suoi riflessi e con il richiamo all’oceano completa l’opera di mimesi.
Nessun limite chiaro imposto dall'architetto tra opera umana e natura nella sistemazione della scogliera. Le rocce si incuneano nell’ordine artificiale delle piattaforme, le sabbie affievoliscono i limiti dei terrazzamenti, sfocando dei lori contorni le puntute solette che cingono le vasche e il bagnasciuga artificiale.
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Re:RIFLESSIONI SUI RIFLESSI 11 Anni, 4 Mesi fa
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Altre riflessioni ed altri riflessi sono da ricercare in Michelangelo Antonioni.
“Al di là delle nuvole”, “Identificazione di una donna”, “L’Eclisse”, “La Notte”, “Professione Reporter”, “Blow Up”, “Eros”, etc. sono tutti film di Michelangelo Antonioni in cui il riflesso e la trasparenza giocano un ruolo fondamentale, carichi di simbolismi e metafore.
Le vetrate dei negozi, il vetro delle finestre, sono spessissimo elementi presenti nelle inquadrature del regista proprio a volere esaltare il gioco dei riflessi, fino ai limiti fisici propri del non poter oltrepassare, che lasciano quindi vedere ma non attraversare.
Assolutamente da ricordare la sequenza in “La Notte”, in cui lo scrittore Giovanni Pontano osserva Valentina sul pavimento a scacchiera, attraverso un gioco raffinato e complesso di riflessi, che disorienta lo spettatore a tal punto da non consentirgli di riconoscere e stabilire il vero punto di ripresa.
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Re:RIFLESSIONI SUI RIFLESSI 11 Anni, 4 Mesi fa
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In “identificazione di una donna” Antonioni porta avanti le sue idee sull’impenetrabilità del mondo, sulla lontananza tra gli esseri viventi che lo popolano, nonché sulla solitudine delle figure che compongono il suo paesaggio.
Tali aspetti sono spessissimo intercettati e descritti attraverso trasparenze e riflessi. Niccolò cerca tra miriadi di foto femminili sparse sul tavolo, ad un certo punto trova un volto, una foto (Louis Bro s) e la mette sul vetro della finestra. La foto resta sospesa al vetro, immersa nella visione esterna del paesaggio. Si tratta di una somma di enigmi, il primo la donna sovrapposto al secondo il mondo; tra loro legati e connessi attraverso la trasparenza di un vetro… Il passaggio è visibile, ma non fisico, il vetro non può essere oltrepassato. Il legame è mentale. Un enigma giustapposto ad un altro enigma per complicarlo nella sua completezza.
Tutta la parte conclusiva del film è poi costituita da un insieme di riflessi.
A Venezia, Niccolò ed Ida trascorrono una triste e breve storia. Ida riceve in albergo una telefonata dove le si annuncia di essere in cinta. Niccolò inizialmente crede di essere lui il padre, ma Ida spiega… In quel preciso momento, attraverso la presa di coscienza di Niccolò, Antonioni narra dell’inafferabilità degli esseri umani ed in particolar modo dell’essere amato. Questo momento chiave dell’intera narrazione, non poteva che non accompagnarsi ad un riflesso. Mentre Ida spiega dell’altra relazione, Nicolò osserva un’imbarcazione che passa lenta nel canale oltre al contemporaneo volo d’uccelli nel cielo veneziano, il tutto riflesso sul vetro della finestra attraverso la quale il protagonista sta guardando.
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Re:RIFLESSIONI SUI RIFLESSI 11 Anni, 4 Mesi fa
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In “Identificazione di una donna”, il regista riflette inoltre sulla diversità dei sessi e sull’unicità del mondo femminile, da cui il maschio rimane escluso. Associa l’elemento del fuoco al mondo maschile (Niccolò spia il sole, accende il fuoco, etc.) e a quello femminile l’elemento dell’acqua e della liquidità. Metafore anche nella scelta cromatica del rosso del maglione di Niccolò contrapposto al blu della camicetta di Mavi. In un momento iniziale del film, Mavi racconta dei suoi studi da ragazza al Collage, rigidamente femminile, dove l’attività sportiva peculiare era quella di esercitarsi a salvataggi in canoa sulle acque dell’oceano. In questa scena Antonioni sancisce la liquidità intangibile della donna, associata alla figura dell’acqua, in contrapposizione al maschio fuoco.
Questa riflessione ritorna anche in “Eros” ed appare unita al motivo della trasparenza riflettente e inattraversabile di cui sopra. La coppia di amanti in crisi entra in un ristorante. Si fermano entrambi davanti ad una vetrata di fronte al mare. L’uomo rimane al di qua del vetro, mentre la donna esce, respira l’aria e la brezza all’esterno proprio nel momento in cui un’altra donna a cavallo sta passando sulla riva. Alla fine del film queste due donne si troveranno a danzare nude insieme, sul bordo dell’acqua, risolvendo il dramma del vuoto sentimentale riproponendo il tema originario dell’inconciliabilità dei sessi: uomo e donna contendono e donna e donna si appartengono.
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Re:RIFLESSIONI SUI RIFLESSI 11 Anni, 4 Mesi fa
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Approfitto di questo spazio (che in qualche modo vuole essere un quaderno di appunti, di pensieri sciolti, di riflessioni su riflessi, una sorta di sketch bo0k di "studi preliminari" ad un qualcos'altro che verrà) per segnalare una nuova recente intervista su Ernesto Bazan.
La si trova al seguente link...
http://www.emahomagazine.com/2013/08/ernesto-bazan-a-sicilian-revelation/#comments
Buona Riflessione a tutti!
Alberto
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Ultima Modifica: 2013/08/06 17:46 Da alb.o.
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Re:RIFLESSIONI SUI RIFLESSI 11 Anni, 4 Mesi fa
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Lo specchio (1975 - Andrej Tarkovsky)
Si tratta del quarto film di Tarkovskij, il quale continua il discorso iniziato nei precedenti, vale a dire l'infanzia, l'atrocità della Storia e della Politica, la sua contestazione in nome dell'uomo e dei suoi bisogni, il rapporto tra uomo e natura, la rivalutazione di una terrestre religiosità ed il senso di colpa. L'autore ribadisce anche in questo lavoro la sua idea del cinema, ossia l'arte di scolpire il tempo.
Quarant'anni tempo di bilanci anche per il regista russo (1932-86). Il bilancio della propria vita avviene attraverso la rievocazione di due vicende familiari analoghe, complementari e consecutive, ossia la propria infanzia (con la madre e la sorella dopo che il padre li aveva lasciati) e sé stesso adulto (costretto a separarsi dalla moglie e dal figlio).
Per far fronte a questa intuizione e trasformarla in un film, occorre una sceneggiatura articolata e complessa. L’idea è di quelle importanti, che vanno strutturate adeguatamente.
La medesima attrice impersonerà la madre e la moglie, analogamente è lo stesso ragazzino (Aleksei il protagonista) che interpreta Tarkovskij bambino e suo figlio Ignat. Del padre poche tracce e dell'autore adulto, soltanto la voce. Intersezioni costanti tra presente e passato, tra realtà e sogno, tra emozioni private e sentimenti espliciti, attraverso anche il passaggio tra bianco nero e colore.
Nell’opera di Tarkovskij si procede con lentezza, attraverso lunghi piani-sequenza. In questo frangente la fotografia vira dai colori al seppia, al bianco e nero rappresentando e richiamando il sogno, l’onirico; non a caso si sofferma sull’erba, sulle pareti. Sono tutte le “figure assenti” che si rivelano negli oggetti a mostrare la presenza di chi non è ripreso ed il non lineare sviluppo del tempo. Forte malinconia, riscontrabile e ben visibile in ogni mutamento di colore in ripresa. L'infanzia del protagonista è privilegiata nelle scene, perché secondo l’autore nell'infanzia “tutto è davanti a me e tutto è ancora possibile”.
Per trovare la giusta chiave di lettura de “Lo Specchio” bisogna necessariamente accantonare la ragione, liberarsi di ogni schema logico abituale e lasciarsi guidare dall’istinto,
“Seguire l’opera con l’istinto tipico dell’inconscio e lasciarsi trasportare dal ritmo sospeso, incongruo ma, allo stesso tempo, coerente dei sogni. Il film di Tarkovskij, infatti, parte da un semplicissimo presupposto, lo specchio: lo specchio che riflette se stesso e l’altro, lo specchio che diventa ingresso e tunnel verso nuovi mondi. In altri termini, lo specchio è il passaggio per il sogno e la surrealtà, ma anche il luogo in cui siamo faccia a faccia con noi stessi, con le nostre paure e i nostri desideri più intimi e inesplicabili.
(Veronica Mondelli)
Il film presenta diversi sdoppiamenti, diversi “riflessi” appunto. Come detto infatti madre e moglie coincidono nella stessa persona. Padre e figlio da bambini sono interpretati dallo stesso attore. Tali elementi sono voluti segni di un’identificazione temporale che salta attraverso generazioni differenti. Riflessi di desideri: il figlio vede nella madre il volto della donna amata; il padre come suo padre abbandona la propria moglie ed ha un problematico rapporto con i figli.
“Alekseji, invisibile e che mai si riflette nei numerosi specchi sparsi per la casa, si identifica sempre con la macchina da presa come un grande occhio onnisciente, libero e demiurgo, proprio come avviene nei sogni. Dal “sogno” di Alekseij si dipanano ricordi e pensieri che, mescolandosi, danno vita a uno spazio e a un tempo realmente inesistenti, ma capaci di esistere solo nella nostra mente – l’unico luogo in cui realtà e finzione convivono senza incoerenza. Su tutto dominano due elementi: la struttura onirica e la parola. Le lunghe e lente carrellate che esplorano corridoi e aprono a nuovi mondi, in soggettiva, permettono allo spettatore di dominare l’intera opera e, allo stesso tempo, di farsi avvolgere dalla sua atmosfera impalpabile, onirica, orrorifica.
Tuttavia, Tarkovskij insiste anche sulla parola: il film si apre con l’affermazione del balbettante ragazzo: “Io posso parlare!” e si conclude con l’urlo liberatorio, col suono inarticolato del bambino. La parola è razionale, ma la voice over che copre il film è linguaggio poetico (talvolta sostituito dalla musica), è parola che si disarticola dal suo canonico e piatto uso. Nel crescendo del film, il linguaggio parlato si fa via via sempre più istintivo e inconscio. L’urlo finale riassume ogni cosa, il razionale e l’irrazionale, il ricordo e l’immaginazione, la realtà e il desiderio inespresso: l’urlo è un grumo in cui rientra tutto e il suo contrario, espressione primigenia e sincera
dell’uomo – quella davvero carica di senso”.
(Veronica Mondelli)
Lo specchio, è dunque una superficie riflettente dove la luce penetra ed attraverso questo alchimia viene riproposto il mondo circostante, il mondo del sogno dell’onirico, il mondo malinconico ed il tempo. L’assenza dei personaggi si manifesta nella presenza degli oggetti che ad essi sono associati e questo avviene sempre attraverso lo specchio.
Come accennato in apertura, Tarkovskij ha spesso scritto e dichiarato che per lui il cinema rappresenta la scultura del tempo. Un vero miracolo, capace di registrare direttamente il tempo, per poi riprodurlo all’infinito.
“Il tempo è uno stato. È la fiamma nella quale vive la salamandra dell’anima dell’uomo. Il tempo e la memoria sono fusi l’uno nell’altra, sono le due facce di una stessa medaglia”.
Andrej Tarkovskij, Scolpire il tempo, Ubulibri, Milano 1988
“Nella fotografia il tempo scorre attraverso il fluire della memoria e dei ricordi individuali. Congelando un frammento di realtà, il suo autore lo proietta in uno spazio infinito ed assoluto. Costruisce, in ultima analisi, un ponte indissolubile tra un passato, talvolta remoto, ed un presente che può spingersi fino agli spazi imperscrutabili di un futuro perpetuo. La pratica fotografica, e ancora di più la fotografia istantanea, sono, nelle mani di Tarkovskij, i dispositivi per fermare il tempo e incanalarlo nel bacino dei ricordi. Si compiono in questo modo tutte le serie visive realizzate nella sua casa di campagna adIgnat’evo; i paesaggi brumosi e le figure soffici di sua moglie e suo figlio, i loro sguardi indulgenti, attimi da portare sempre nel cuore”.
(Claudio Capanna)
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