Post scriptum
Una gentile amica, da sensibile urbanista, mi ha segnalato una mia vistosa dimenticanza ovvero i
"non luoghi".
Con questa definizione il sociologo Augè individuava quegli spazi, quegli ambienti, quegli habitat che non hanno, a prima vista, nessun significato ed alcun senso e lo acquistano solo con l'uso momentaneo e circostanziato.
Esempio: un'area rimane dismessa tutto l'anno e visivamente finisce per integrarsi senza alcuna volontà esterna con la realtà circostante; poi, magari d'estate, per ragioni di parcheggio balneare, diviene essenziale e strategica. Poi ritorna nell'indifferenza.
Così pure le aree di soccorso e i punti raccolta in caso di calamità, o gli spazi intorno ai supermercati, o gli impianti sportivi che furono famosi e ora giacciono nell'abbandono.
Quest'anno passato Valeria Minaldi ci ha dato un esempio di questi spazi rimasti a mezz'aria nella loro funzione e destinazione, e sopratutto nel loro futuro.
Per molti sono anche "non luoghi" quegli spazi che vanno progredendo verso un futuro non ancora visibile come la metropolitana (stazioni connesse).
In effetti avendo per tanto tempo definito luogo "il posto dove vivono le emozioni" abbiamo difficoltà a riconoscerle in luoghi che non riconosciamo.
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