I fotografi giapponesi? Grandi, grandissimi. Eppure proviamo a citarne qualcuno? Riusciamo a ricordarne almeno cinque? Sembra impossibile che una così importante scuola fotografica possa essere così lontana dalle nostre attenzioni, eppure è così. Badate bene, stiamo parlando di un foltissimo numero di eccezionali fotografi, tecnologicamente preparatissimi, culturalmente attrezzati, sempre disponibili per ogni genere fotografico e che, da tempo immemorabile, dispongono di poetiche e di artisti, capifila in ogni genere fotografico. Araki, Sugimoto, Hosoe, Tomatsu, Sato vi dicono qualcosa? Sono uomini e donne che hanno guardato la realtà forti di una cultura attenta alle sorti dell’uomo e della donna e dell’universo intero ancorché provenienti da formazioni culturali differenti; o forse proprio per questo.
Bene ha fatto Michele Smargiassi ad inserire la pubblicazione, tra “I visionari” di Repubblica, giorno 4.12.21 in edicola, di un volume su Moriyama, un esempio preclaro della vicenda storica della fotografia giapponese, un autore capace di raccogliere in poetiche rappresentazioni, ancorché crude, i lati nascosti della civiltà giapponese e non solo di quella. Nel suo cognome è nascosta la parola strada e la parola orizzonte: un predestinato! Nella sua opera, una poesia nuova, diversa, di cui occorre imparare la grammatica e la rima.
Molto spesso, in maniera stupida, cerchiamo nelle rappresentazioni dell’Oriente, l’esotico, il diverso, ignorando che anche ad est lo stupore di una scoperta, l’ansia di un’attesa, la paura che ci spinge a cercare una protezione, la voglia di vivere che tutti ci salva, sono altrettanto comuni alle nostre esperienze ed alla nostra civiltà. Ce l’ha insegnato tanta cinematografia, ce l’hanno insegnato i manga e la buona letteratura, ora ce lo insegna questo prezioso fascicolo.
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