Tornerei adesso per un secondo su Eugene Atget, di cui abbiamo già più volte parlato nel corso delle nostre riflessioni.
Ricordiamoci che nel 2002 in un articolo intitolato "Common Hand Camera Failures" la rivista inglese "The Photogram" (come criticamente osservato da Clement Cheroux) offriva ai fotoamtori alcuni consigli per evitare i "fastidiosi" (a quanto pare) riflessi indesiderati e spesso presenti durante la ripresa di oggetti in vetrina. Tali consigli stavano all'interno di un decalogo di come fare a scongiurare gli errori più comuni in fotografia amatoriale.
Il tema degli errori fotografici è oggetto di distinta riflessione su altro forum, relativamente ad altre riflessioni, pur tuttavia dal momento che di riflessi si parla, ritengo sia questo il posto più idoneo per riportare alcune considerazioni che a partire da questi vengono mossi.
Ecco perchè ritorniamo a scomodare il nostro Adget che di vetrine di negozi se ne intende, dal momento che ne ha fotografate a centinaia e che del "fastidioso" problema del riflesso non sembra si sia mai preoccupato, anzi tutt'altro fu tra i primi a lasciare che ciò che accadesse liberamente riportando all'interno del negozio la strada e spesso anche la propria immagine. Credo possa essere conclamato che Adget non ritenesse questi riflessi errori o che, ancor peggio, questi "errori determinanti" potessero "rovinare l'impressione". E' infatti troppo elevato il numero di fotogrammi scattati e sviluppati da Adget con queste condizioni di "disturbo" al contorno, per poterle considerare non volute od accidentali.
La domanda a questo punto diventa, "non si curava di quei riflessi o li cercava intenzionalmente"?
In realtà Adget verso gli ultimi anni di attività si affacciava al periodo del Surrealismo ed abitando nelle vicinanze di Man Ray (molto più giovane di lui, oltre che grande ricercatore e sperimentatore) fu proprio ai suoi riflessi che il fotografo fu avvicinato da Man Ray e quindi dai surrealisti- L'interesse era proprio stimolato dal ritrovare in quel tipo di resistenza ai canoni fotografici del tempo di Adget (e non solo a giudicare dall'articolo citato in apertura) il fertile terreno per far attecchire le idee e le proposte artistiche del movimento. Man Ray e la sua assistente Berenice Abbott, restarono talmente colpiti dal lavoro di Adget che acquistarono circa diecimila stampe e un centinaio di negativi contribuendo alla diffusione ed al ricordo del suo nome all'interno dei libri di storia della fotografia. Attraverso la divulgazione delle immagini di Adget il tema dei riflessi divenne parte integrante della sfera visiva delle avanguardie del tempo, rilanciandolo non più come errore tecnico, ma come costante e sempre presente strumento d'espressione estetica del surrealismo.
Ed allora attenzione alle date, da quel momento, ossia dagli anni venti, i riflessi sono diventati linguaggio, e grandi grandissimi fotografi a cominciare da Berenice Abbott, Aenne Biermann, HCBresson, Florence Henri, Jaromier Funke, Germaine Krull, Herbert List, Dora Maar, Roland Penrose, Jindrich Styrsky fotografarono nel decennio successivo vetrine su vetrine. Negli anni quaranta il tema passa oltre oceano ed arriva negli Stati Uniti con il lavoro di Lisette Model e Louis Faurer... Da allora il tema non ha mai mostrato cenni di cedimento con un vivo e costante interesse dell'osservatore fotografo.
Si pensi agli autoritratti di Lee Friedlander (nome che vi avevo già segnalato di tener bene in mente) o altri lavori di Dan Graham, fino ai più recenti lavori di Denis Roche o di Philippe Durand. Il tema è quindi ben lungi dall'essere esaurito.
(op. cit. "L'errore Fotografico" di Clement Cheroux).
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