Marted́ 14 Gennaio 2020 - ore 20:30 |
Il fattore “C”. Non sorridete, vi prego!
Non intendo trattenervi su
ambigue o provocatorie allusioni (di quelle considerazioni voglio soltanto trattenere
il tono leggero e sorridente).
Intendo riflettere, e
conversare con voi, sul fattore “C”, inteso come caso, probabilità, magari, se
proprio volete, fortuna.
Quante volte, invero, rimirando
una fotografia, nostra o altrui, di un autore sconosciuto come di un grande
fotografo, abbiamo considerato che l’autore avesse goduto di un momento felice,
vocato, predestinato, insomma di un momento fortunato.
Henry Cartier Bresson, nel
cercare “l’attimo decisivo” era stato solo bravo o anche particolarmente
fortunato?
Robert Frank che non
guardava, a volte, neppure dentro l’obiettivo, si fidava del caso o aveva
previsto con intelligenza tutto.
Era più fortunato Wegee a
riprendere la scena di una rapina o la fotocamera, che, oggi, è montata
all’ingresso della banca?
E vi ricordate “il miliziano
caduto” di Robert Capa? Un tragico caso? Un atto di coraggio? Un imbroglio?
E ricordate Daniela Sidari? Ha,
forse, ringraziato il caso per le sue stenopeiche?
Ma non andiamo lontano: noi,
in questa circostanza vogliamo capire se, poi, il caso esiste veramente? E se
esiste, come funziona in fotografia?
Facciamo una premessa.
Alcuni chiamano “caso”
l’avvenimento che si verifica con una causa definita e identificabile (visione deterministica che assegna a ogni
avvenimento una precisa causa).
Altri chiamano “caso” un
evento che accade per cause che certamente ci sono ma ci appaiono sconosciute,
“non lineari” (visione non deterministica).
In questa non linearità in
tempi moderni gli scienziati hanno introdotto l’elemwntp-esperienza della
“probabilità”..
Vivian Meyer, nota a voi
tutti, si è introdotta in modo magico e misterioso dentro queste due visioni
introducendoci in altre magie, in remoti territori della nostra passione
fotografica.
Tutta la storia della fotografia
si è nutrita di “caso”. Dice Scianna fotografare è un “toreare” con il caso.
Proviamo a toreare? Magari
scopriremo che il “caso” siamo noi.
Pippo Pappalardo |