"Come una Fiaba"

di Pippo pappalardo

bryce_free-thumb-300x308.jpg- Nonno, ti piace il mio disegno?
- Cosa rappresenta?
- Non rappresenta nulla di particolare. E’ solo il racconto del mio…fidanzamento!
- Ah! Non rappresenta eppure racconta? M’interessa, fammi capire.
- Allora: questo è il giardino della mia scuola, con le aiuole, lo scivolo e la fontana. Poi ci siamo noi alunni, con la nostra tuta. E questo, anche se a te può sembrare uno stecchino con una capocchia, è lui, il mio fidanzato. - Gli hai fatto vedere questo tuo quadretto?
- Affatto! Lui non capirebbe niente.
- Infatti, non mi sembra verosimile.
- E se provassi a disegnarvi un cuore? Anzi due?
- Sarebbe lo stesso inverosimile ma, diciamo che, grosso modo, si comincerebbe a  capire dove vuoi andare a parare. Devi sapere, bimba mia, che la forma di un cuore, quella almeno dei tuoi disegni, non è in effetti verosimile ma ci vogliamo vedere, per comune intendimento, tante cose belle. Stai attenta però se non specifichi meglio, non si capisce che sei tu la fidanzata. Potrebbe essere chiunque di questi altri stecchini. Perché non provi (bada, solo un suggerimento) ad autoritrarti e, magari, disegnare e colorare un po’ di trecce bionde e congiungere qualche mano? Ecco, così credo che otterremo una qualche verosimiglianza.
- Uffa, con questa parola! La dici solo tu. Alla mia maestra di disegno non importa niente se i miei alberi non somigliano a quelli del viale. Mi mette un “brava” lo stesso.
- Ed invece tu vuoi che il tuo fidanzato somigli a quello che vedi?
- Il più possibile.
- Ed allora devi fare qualche sforzo in più.
- Potrei fotografarlo. Che ne dici? Domani, porto a scuola la macchinetta, quella piccola piccola che tu mi hai regalato, e lo fotografo. Poi, appendo la sua immagine alla parete della mia camera, accanto alla mia bambola, e lo dico solo a te, gli do un bacio.
- Brava. E come e quando lo fotograferai mia piccola “magnum”?
- Quando arriva la mattina tutto ben pettinato. Anzi, quando è rosso dopo la corsa. Oppure no: quando guarda il mio panino che, quasi sempre, è più appetitoso della sua merendina.
- Ma quanti ritratti gli vuoi fare? Perché non provi a immaginare, prima di tutto, dove lo vorresti fotografare?
- Quando corre in bicicletta, oppure quando finisce in castigo. Anzi no, quando porta da mangiare alla cagnetta che allatta i cuccioli dietro la palestra.
- Perché non provi a mettere insieme tutte queste idee?
- Non posso. Ho già in testa tutte queste immagini e sono troppe. Ci vorrebbe un computer. E poi, davvero, non vedo l’ora di portarmele a casa come fai tu quando mi restituisci la gioia delle gite che facciamo durante le vacanze.
- Vuoi stare, allora, in agguato e sorprendere cosa fa il tuo… amore? A proposito , lui sa di questa tua, ehm, attenzione?
- Non gli ho detto e non gli dico niente. Ho deciso, però, che lo fotograferò così, “soprapensiero”. Tanto, ormai, questi disegni non mi dicono più niente.
- Perché? Cosa manca a questi disegni?
- Manca , manca… non lo so dire. Manca il ricordo, la vicinanza, il contatto. Manca qualcosa di mio che vorrei che fosse, anzi vivesse, accanto a lui.
- Mi piacerebbe conoscere questo fortunato “don giovanni”.
- Facile! Ecco la fotografia di tutta la mia classe. E’ il più bello della fila in alto.
- Allora, facciamo così. Io acquisisco questo “bel tizio” con lo scanner. Lo prelevo da quest’immagine e lo porto in un altro mondo.
- Cosa fai!? Attento?!
- Niente paura. Sto solo aprendo il sipario digitale di una recita teatrale dove questo giovanottino senza saperlo sarà il primo attore e, sempre senza che lui se ne renda conto, gli cercheremo una compagna ed un’avventura.
- La compagna sarò io e l’avventura deve essere come la voglio io.
- E così sarà, angelo mio. Prendo il ritratto che ti ho fatto il giorno dell’ultimo compleanno e lo metto, grazie al computer , accanto al volto del tuo Principe Azzurro. Ed ora che hai capito come si fa teatro, scegli pure una storia tra questi fondali e tra questi schermi.
- No, così non mi piace più. Io voglio una storia che sia verosimile come le fiabe che mi racconti, che mi faccia pensare a cose che possono succedere, come nei sogni. O che sono accadute come … i tuoi capelli bianchi. Qualcosa come le immagini che giorno dopo giorno, stagione dopo stagione, hai costruito con me, su di me, per me.
- Allora dobbiamo guardare attentamente al nostro amico e dentro il nostro cuore.
Dobbiamo aspettare il momento giusto, avere pazienza ed imparare a capire perché amiamo ciò che ci sta davanti. Anche perché se vuoi accontentarti solo di riempire una pagina ,beh, allora questi colori e questo computer bastano ed avanzano. Noi, invece, dobbiamo decidere (anzi, devo decidere) se scrivere di teatro o narrare una favola.
- Non ti seguo più, nonno. Ma qualcosa credo di aver capito e sai che faccio? Prendo il nuovo telefonino di papà e mando al mio “zito” la mia faccia smorfiosa.
- Ed ecco a questo punto ti lascio! Per un attimo ho pensato che questa nostra chiacchierata avrebbe avuto un altro finale. Ma va bene così. E, poi , devo andare a trovare una vecchia amica al…parco. Tra noi non usiamo il telefonino per guardarci in faccia: da tanto tempo, figurati , mi guarda da una fotografia che, peraltro, non saprei , non potrei, ritoccare. Tanto è verosimile. Come una delle nostre fiabe.