S. Agata raccontata da un fotoamatore

di Salvo Canuti

immagine2.jpgNon ho la totale comprensione di parenti ed amici (non fotoamatori) quando evito coinvolgimenti nei giorni che vanno, dal 1 al 5 febbraio.
“C’è Sant’Agata affermo”, “ma non è sempri a stissa cosa”, rispondono meravigliati.
In effetti per molti è così, quasi un appuntamento rituale, nello stesso punto, una preghiera, una candela, una raccomandazione per la salute, per il lavoro e..arrivederci al prossimo anno.
Ma non è così per i devoti. Non è cosi per noi fotoamatori dell’ACAF, per noi che siamo dei devoti senza “saccu”, che conosciamo tutto della festa ma la seguiamo ogni anno con un interesse ed un’attenzione sempre diversa e particolare. Per noi che preferiamo uscire in gruppi ma “a lassa e pigghia”, seguendo ognuno l’istinto e le circostanze, prodighi di consigli e suggerimenti verso i “nuovi” che si aggregano.

 

Seguiamo le “cannalore” e le loro band nei percorsi più significativi: “chidda de pisciara o sgabello e a piscaria”, “chidda dei fruttaioli a via Gisira” ,“i nnacati a piazza Pardo” -luoghi dove la presenza dei popolani e le evoluzioni raggiungono il massimo- e noi lì a scattare, cogliendo i volti contratti dei portatori, quelli sorridenti di bimbi con lo zucchero filato, vecchiette rugose che  ad ogni costo ti raccontano i bei tempi: “quannu iu era na bedda carusa e pi sant’Agata finammenti puteva nesciri a mucciuni cu Cammelu”; il bottegaio che offre “una cifra”  e viene issato sulla cadelora  e annacato mentre lancia caramelle.
Il 3 Febbraio poi, “a carrozza o sinatu” per fotografare l’offerta della cera, da parte delle autorità  civili e militari, di associazioni e  rappresentanti delle corporazioni, in costumi  ed alte uniformi. Una raccomandazione: disinvoltura e  faccia tosta, per superare cordoni e sbarramenti.
“Siamo in ritardo.. adesso chi lo sente il sindaco?” mi trovai ad urlare rivolto ad una allibita  compagna di avventura, arrivando di corsa a palazzo comunale. E come per incanto i poliziotti che fermavano tutti si aprirono per fare passare quel gruppetto di 5, 6 fotografi dell’ACAF.  “Sei un pazzo” mi sussurrò qualche metro più avanti, ma dopo venne a ringraziarmi per l’opportunità. documentare bene tutta la festa occorrono più anni. Il trofeo podistico nel pomeriggio, ed i fuochi “da sira o tri” concludono una giornata, intensa e faticosa ma esaltante per chi ama il genere.
Il 4 è la giornata del giro esterno. La messa dell' aurora, alle 6, va solo vissuta, non si può raccontare. Esci alle 4.30 e non pensare di essere solo anzi hai la sensazione di vivere un’atmosfera   surreale caratterizzata da quelle sagome bianche, fumanti per i fiati o le sigarette, che spuntano ad ogni angolo e vanno tutte nella stessa direzione, piazza Duomo. E' ancora notte, fredda ed imperscrutabile. La trovi già gremita, si odono i primi canti, decidi di restare fuori per cogliere l'uscita della “varetta”  portata a spalla verso il fercolo, “mah  il prossimo vado dentro”, pensi. E' come la marea, nonostante i tuoi sforzi, ondeggi. I botti, le urla gli applausi, i cori “cittadini, cittadini evviva Sant'Agata”, riempiono il cielo, scatti, scatti, scatti quasi senza inquadrare, quello che ti circonda va raccontato. E si parte!! porta Uzeda, “a calata da marina”, “a bbiata de fettucci” sono i primi momenti suggestivi. Preceduto dalle candelore e tirata dai devoti il fercolo lentamente avanza. Da qui in poi è l'abilità del fotografo a farsi valere: gli sforzi dei portatori, le espressioni dei devoti mentre gridano con le mani attorno alla bocca a mo' di megafono, l'agitare dei fazzoletti bianchi, l'avvicinarsi di una devota in lacrime che sussurra  “ma quantu è bedda”, il bimbo spauriti per i botti, quello trepidante issato sul fercolo a baciare la Santa, sono tutti momenti da cogliere.
La stazione, piazza Iolanda,  sempre tra due ali di folla, via Umberto, via Grotte Bianche e ci si rituffa in uno scenario accattivante piazza Carlo Alberto “a fera” per intenderci. Da qui dopo una sosta si parte per  uno dei momenti elettrizzanti “Acchianata de Cappuccini”. La sera scende e la sensibilità delle macchine fotografiche sale fino a raggiungere i limiti degli “iso” possibili. “U focu do futtino” e a tarda notte si chiude questa incredibile giornata. Giorno 5 l'atmosfera è totalmente diversa, la notte crea una scenografia mistica, i portatori di grossi ceri la fanno da padroni, via Etnea offre un colpo d’occhio unico.Appuntamento alla chiesa della Mercede in via Caronda, dove i devoti riservano un’accoglienza particolare alla Santa con “u focu do bugghu”, attesissimo da tutti i fedeli che sono pronti a giudicare, mentre attorno i fuculari offrono la possibilità di gustare un panino con la carne di cavallo.
Il ritorno verso il centro offre due attesissimi momenti: “pacchianata di San Giuliano” dove il “mosso” si esalta creando effetti particolari e il canto delle suore di clausura a San Benedetto; poi di corsa verso la Cattedrale. E' già giorno ed i fedeli vorrebbero trattenere ancora la Patrona, i devoti danno un arrivederci al prossimo anno, i reporter scattano ancora e pensano: “quello che non ho potuto lo farò l'anno prossimo..con  maggiore esperienza.”