ACAF - Associazione Catanese Amatori Fotografia

 
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Tempo di Pasqua, tempo di “immagini sacre”. PDF Stampa E-mail

Tempo addietro, quando curavo la rubrica fotografica per l’ANAF su “fotografare il sacro” mi giunse questa lettera che qui ripropongo - a proposito della Pasqua fotografica che ci accingiamo a vivere – e col titolo con la quale l’accolsi nella rubrica.
Era firmata Lucia (nomen omen?). Altro non ho mai saputo.

Il mio cane è “riconoscente”


Caro Pippo Pappalardo,

da qualche tempo seguo la tua rubrica. Mi ha molto incuriosito il tema che hai
proposto per quest’anno ovvero, se ho capito bene, rintracciare nel mondo attorno a
noi i segni del sacro.
Ho riflettuto parecchio su questo tuo invito e, francamente, confesso che da vecchia
fotografa non so dirti se l’esperienza o l’incontro (almeno per me) col sacro sia
qualcosa di fotografabile e, quindi, comunicabile.
Innanzi tutto devo riconoscere (ma di questo ti sarai subito accorto anche tu) che la
riflessione sul sacro inevitabilmente sfocia nella più ampia vicenda, o esperienza,
religiosa.
Se ho capito bene, però, il tuo intento è di rintracciare fotograficamente il sacro
andando oltre il bello, il buono, il vero: vuoi, vorresti, cercare qualcosa di più!?!
Ti dico, allora, che probabilmente è più facile rintracciare il profano in quel che noi
definiamo sacro piuttosto che l’intima e sincera sacralità di quanto si porge ai nostri
occhi.

Dichiaro anche di avere molte difficoltà a parlare della materia, anche se, lo
riconosco, l’argomento mi affascina e m’inquieta.
Allora provo ad esprimermi con degli esempi: le mie fotografie, commosse e
coinvolgenti, del parto di mia figlia sarebbero un possibile riconoscimento del
sacro?la paura della morte tante volte rintracciata nelle immagini dell’amato
Giacomelli sono intercettazioni del sacro? il desiderio di comprendere il mio
e nostro imbarazzo di fronte alla follia è anch’esso sacro? i tanti perché che
sostengono gli interrogativi che porgo a chi mi sta attorno sono richieste di
riconoscimento di cosa sia sacro?


Forse mi sto imbrogliando con le parole , e, forse, con te e come te, cerco nelle
immagini fenomeni ed esperienze che mi spieghino se sacro significhi solo antitesi
rispetto a qualcosa, oppure sacro sia soprattutto uno spazio od un tempo di
liberazione e di condi-visione.
Non sono una credente ma sento spesso il bisogno di pregare - ti prego di non
sorridere - dopo aver fotografato il tramonto (e invece stai sorridendo).
Inoltre non sono mai stata disposta a vedere al di là dei miei occhi ma ringrazio
il dio dei fotografi, se da qualche parte esiste, per avermi insegnato a percepire

qualcosa oltre all’apparenza, magari riuscendo, poi, a mostrarla ad un amico od un

compagno.
Ecco, ti confido un gioco che faccio con il mio cane: mostro a lui le fotografie di
momenti di vita passati e che lui, direttamente o meno, ha condiviso. Spesso, il mio
amico a quattro zampe mi ha trasmesso, come dire, il suo “riconoscimento”e la
sua “canina riconoscenza”. Tutto ciò è sacro?Rispondimi, ti prego.
Concludo rapidamente: nel marzo scorso è morta Chiara Lubich, una donna
che ritengo sapesse riconoscere il sacro e sapesse allontanarsi da possibili
fraintendimenti o negatività del concetto; ho cercato un suo libro titolato “Essere
sua parola” e quel medesimo titolo ho parafrasato in “Essere sua immagine”.
Non ti sembra che abbia, così, intravisto un possibile percorso, più praticabile, per la
tua provocazione?
Non c’è, forse, l’eco di quel “tutto le volte che mi avete visto assistere un malato,
consolare un afflitto” etc.?
Lo so di star girando anch’io intorno ad un credo religioso, ma so che, almeno tu, me
lo consenti.
Volevo accompagnare questa mia con qualche fotografia ma, se mi sono espressa
sufficientemente bene, credo che i tuoi amici (e ne hai tanti) dell’A.N.A.F. ne abbiano
molte da mandarti, e migliori delle mie.
Un gesto sacro di saluto? L’eterno (forse sacro per questo?) bacio.
Lucia
Pasqua 2008

Dimenticavo: tanti auguri

 
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