05/03/14 Film
"I sogni segreti di Walter Mitty". Al di là del divertente polpettone americano che potrebbe apparire ad un primo sguardo è un film che un appassionato di fotografia gradisce, non fosse altro che per la splendida frase finale pronunciata da un ancor più splendido Sean Penn e per i riferimenti alla prestigiosa storia di Life. Divertente e spensierato, nasconde, sotto un'apparente leggerezza, qualche significato più profondo.
Ricordo che la rivista Life, che insieme al National Geographic, ha forgiato il gusto fotografico americano e, conseguentemente, mondiale. Per chi fosse interessato a saperne di più consiglio "Get the picture" di J. Morris, narra la storia di Life vista dagli occhi del suo mitico photo editor.
Fotografi di Life furono: Capa, Smith, Duncan, Eisenstadt, Feininger, Rodger, Bourje White e tanti altri.
Quasi sconosciuto in Italia, il photo editor è una figura professionale di grande importanza nel campo dell'editoria.
Interessante anche la scelta del regista di sfumare in maniera quasi impercettibile la realtà nel sogno e viceversa. Tendendo a evidenziare quanto semplice possa essere vivere e realizzare i propri sogni se se ne hanno la volontà e gli stimoli.
Un dramma iniziale permea la vicenda del personaggio: la morte del padre. Questa lo travolge all'improvviso, facendogli cambiare stile di vita e rendendolo anzitempo responsabile del sostentamento della famiglia; trasformandolo da uno scapestrato appassionato di skateboard con i capelli alla moicana ad un assennato impiegato dall'aspetto forse troppo ordinario, un borghese piccolo piccolo, quasi insignificante nel complesso. Allo stesso tempo serio sul lavoro e nella vita di tutti i giorni e spaventosamente fantasioso nei sogni ad occhi aperti che ogni tanto lo colpiscono e lo bloccano all'improvviso. Unica sua via di fuga dall'ordinario quotidiano. Un nuovo complesso dramma, l'imminente chiusura di Life e l'incredibile perdita del prezioso negativo necessario per l'ultima copertina della rivista, portano il protagonista a scelte apparentemente estreme, ma in realtà a riprendere in mano la propria vita e viverla pienamente come aveva osato fare solo nei suoi sogni. Così, poco alla volta riesce ad abbandonare il mondo dei sogni per ritrovare se stesso e in ultimo anche il coraggio di dichiarare i propri sentimenti alla donna che ama e la propria rabbia al terribile capo. Ne è riprova anche l'apparente noncuranza con cui affronta le prove più estreme.
In tutto questo si innesta l'evidente riferimento alla eroica figura del fotografo di quel periodo, ormai completamente perduta. Tale figuara viene splendidamente rappresentata da un ottimo Sean Penn che sa quando è il momento di lasciare da parte la macchina fotografica per vivere la vita in una scena di grande poesia.
Le scene talora eccessive e surreali risultano inoltre piuttosto divertenti e a mio parere non privano il film di una sua poesia, senza renderlo troppo melodrammatico.
Ma il motivo vero per cui ho amato questo film fin dalla prima volta che l'ho visto è che incarna un mio sogno di sempre, abbandonare tutto, all'improvviso, partire. Senza un progetto, un programma, solo per il gusto del viaggio e dell'avventura. Erodoto, Colombo, Magellano, e poi Co
, Darwin, Livingstone,Amundsen, e ancora Robinson Crusoe, giù giù fino a Kerouac, Terzani, Chatwin, Kapuscinsky, e ultima Monika Bulaj, tutti perdonsggi che mi hanno sempre affascinato.
Come non desiderare di intraprendere un nuovo viaggio domani stesso, dopo questo ennesimo sogno ad occhi aperti?
Emanuele Canino