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E’ il 27 marzo e il nostro amico Salvo Canuti ha pensato di confidarci un grande segreto: ci ha sommessamente rivelato – ed ho visto che arrossiva- un sentimento che nutre da trentacinque anni nel suo cuore e che intende nutrire per tanti anni ancora: insomma ci ha palesato che lui è ancora e sempre innamorato dell’ACAF !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!???????????????’
Caro Salvo, ma lo sai che non c’eravamo accorti di nulla?!
Sappi, allora, che questa tua antica fiamma è ondivaga (come dire “tappinante”) perché ci risulta innamorata “anche” di tanti tuoi amici con i quali scambia disinvoltamente sguardi, occhiate, osservazioni, inquadrature e, nel mentre, effusioni, emozioni, ambizioni, sogni, speranze e intimità.
E cambia, ogni anno, amanti e spasimanti, concedendo le sue grazie e procurandosi occhi nuovi e sempre più giovani, cedendo alle facili lusinghe, alle solleticanti vanità ed agli esperimenti più arditi.
Abbiamo visto che, per il suo compleanno (sono ben trentacinque anni) le hai voluto fare un regalo. Io le avrei lanciato volentieri un “cuticchiuni”. Tu invece hai pensato diversamente. Contento tu!
Hai cercato qualcosa dentro cui nasconderti, scomparire, per poi, magari, rivelarti nel segno espressivo e manifestarti nella consapevole certezza di esserci ancora, insieme a tutti gli altri, per rimemorare il tempo passato, quello trascorso con tutti noi, quello trascorso da chi non ci guarda più o ci guarda da lontano.
Non potevi, invero, accendere le nostre solite candeline, né stringerci nel convivium fraterno; tutta colpa di un morbo geloso.
Ed allora hai pensato di affidare questo tuo pensiero alla C.C, che non è la Camera di Commercio, né la sigla dei Carabinieri ma la cifra delle iniziali dell’ottima tua amica Cettina Currò, artisticamente complice e ruffiana di tante memorabili imprese.
Lei, dapprima ha giustamente pensato che per quella tua antica fiamma sarebbe bastato un “Cuticchiuni” prodotto dalla nostra socia Etna, magari accarezzato dalle nostre onde e solleticato dai nostri sguardi.
Poi ha fatto memoria delle tante memorie condivise con noi e ne ha proposto un’altra ancora: picchettando la superfice lavica del nostro frammento vi ha trasferito sapientemente i pigmenti colorati regalati dai suoi strumenti: dapprima un cipresso, poi un campanile, poi la luna, poi le stelle ruotanti, poi un cielo talmente luminoso da accendere il nostro sasso. Ed è venuta fuori la Notte Stellata del nostro amico Vincenzo - non quello della mitica coppola - ma quel matto che si è tagliato un orecchio perché si era bisticciato con un compagno (Gauguin) o, forse, perchè era solo depresso
Ho guardato a lungo il regalo. L’idea di ritrovarmi in quella notte affascina anche me.
C’è tanta inquietudine eppure tanta serenità, tanto colore materico, tanti passaggi di blu; e c’è pure una visione cosmica, vorticosa e dinamica che non puoi fermare neanche con un ottomillesimo di secondo.
E consentimi: c’è pure il desiderio di un uomo che dichiara che quei colori, quelle pennellate, quella notte , e tutte le notti, non avrebbero senso se non si specchiassero negli occhi di un altro.
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