Luna, lunedda
Fammi na cudduredda
Fammilla ranni, ranni
La portu a San Giuvanni
San Giuvanni nun la voli
La portu a San Griori
San Griori si la pigghia
Ppi l’ammuri di la figglia.
Una ninna nanna (c’è chi le ricorda ancora) il cui canto trapassa dalla luna alla bimba per spegnersi, forse, sul suo sonno sereno.
Serenamente era partito anche il nostro piccolo concorso e serenamente l’abbiamo chiuso, con lo stesso ritmo di ninna nanna, che tanto accomuna a quella Luna che abbiamo provato a “stuzzicare”.
Invero, non c’è stato bisogno alcuno di arrampicarci sull’astro argenteo, né di rapirlo alla letteratura, o alla poesia, o alla musica. L’abbiamo, piuttosto, prelevato dalla nostra storia quotidiana dimostrando a noi stessi (ed agli amici che ci hanno seguito) che la Luna, quella che abbiamo cercato e fotografato, forse è una nostra invenzione, quasi una proiezione di noi stessi, con la quale “arricchiamo di immagini l’immagine”, formulando magari un’ulteriore rima, principiando un accordo.
Ed ancorché pochi, le vostre visioni/rappresentazioni mi sono apparse assai belle nella misura in cui hanno cercato la comunicazione fermando nel tempo qualcosa che poteva altrimenti svanire e trattenendo in immagine quella fantasia che altrimenti si sarebbe perduta.
Certamente il contributo di alcuni, per abbondanza di idee (Donato Malangone), per eccellenza fotografica (Riccardo Lombardo), per varietà di prospettive (Loredana Pagana), per gioco di rimandi (Antonio Palermo) è apparso più significativo.
Ma i premi sono andati, poi, a coloro che aprendo gli occhi della percezione, lavandoli, hanno saputo inventare (e nella radice del verbo ci sta il significato di trovare) i transfert, i rimandi, i simboli giusti, adeguati, espressivi.
Bravi, quindi e nell’ordine, R. Fernandez, L. Iurianello, L. Pulvirenti, F. Borrello, M. Indelicato, M. Martena.
Mi rimane il piccolo cruccio di non aver intercettato, tra le immagini proposte, quelle di Vincenzo Mormina: le “sue lune” avevano , come dire, attraversato in fase di trasmissione un momento acuto di “pesantezza” e, pertanto, non erano riuscite ad apparire sul cielo del mio computer.
Me ne rammarico amaramente anche perché, e lo faccio adesso, almeno per una fotografia, meritavano considerazioni. Mi riferisco, e potete apprezzarla anche voi, alla bella idea di costellare un possibile cielo con le parole scomposte/ricomposte dei liberi versi di una poesia (anche il nome del poeta brilla tra queste parole) ed in questa nuova galassia far splendere il cerchio lunare (come armonia, come eco di bellezza? oppure come ingegnoso calembour futurista di cui quest’anno celebriamo il centenario?). Bella rielaborazione, comunque ed in chiave moderna, di possibili motivi leopardiani, belliniani, ma anche semplici e sagge divagazioni del nostro amico, al quale dovevo, anche per suo espresso desiderio, questa nota personale di apprezzamento.
Un concorso di arrivederci da Pippo P. ed Angelo C.
Foto di: V. Mormina