2 novembre: Commemoratio Omnium Fidelium Defunctorum
Sarà la vecchiaia che avanza inesorabilmente, sarà che, con essa, si fa più sensibile la soglia laddove scopriamo sensibilità ed emozioni che credevamo di non possedere più, sarà che i nostri neuroni ci vogliono spiegare qualcosa che rifiutiamo di ammettere, ma, io Pippo, ve lo confesso in tutta sincerità, in questi giorni benedetti eppure difficili, mi sono commosso nel fare il bilancio delle assenze che ci circondano.
Vi ricordate: eravamo all’inizio della pandemia ed attorno a noi (e non per cause ad essa connesse) venivano a mancare giovani presenze come la nostra corsista e vecchi soci fondatori del nostro sodalizio. Per noi erano stati compagni di avventura e di poesia ma per altri erano figlie e consorti. E poi ci hanno lasciato i vecchi amici; ed abbiamo appreso che tanti di noi, che pure presumono di fermare il tempo, e lo fanno con passione, in un istante o in un attimo, poi, per sempre, invece, hanno salutato il proprio fratello, il proprio genitore, il proprio amico.
Mi direte che questo accade da sempre. D’accordo, ma io sto invecchiando e sento il distacco, la paura, la solitudine in maniera diversa dai mei giorni passati. Mi rifugio nel ricordo. La fotografia mi aiuta a restituirmi l’immagine e riesco così a fare memoria, a vivere ancora, e meglio.
Non voglio fare alcuna considerazione religiosa o filosofica di circostanza. Voglio semplicemente invitarvi a pensare che siamo fortunati a vivere l’avventura dello sguardo perché solo così la morte ci troverà vivi.
I bambini, in questi giorni, ci prendono in giro con scherzetti e dolcetti ironizzando sui “morti viventi”. A noi tocca, invece, trasformare le assenze in presenze risvegliando “il vivente morto in noi”.
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